sabato 17 novembre 2012

Israele sotto attacco. Due interviste: Jonathan Schanzer ed Amos Oz.


Riportiamo sempre riguardo ai venti di guerra che arrivano da Israele, due interessanti interviste. La prima per La Stampa a Jonathan Schanzer (ex analista di intelligence sul Medio Oriente del ministero del Tesoro) a cura di Maurizio Molinari. La seconda per il Corriere della Sera ad Amos Oz (uno degli intellettuali più influenti e stimati di Israele) a cura di Francesco Battistini:


1. Jonathan Schanzer: " I raid elimineranno i Qassam: non serve l’attacco di terra "


L’ Egitto ha tentato di risolvere la crisi ma non c’è riuscito ed a rafforzarsi è stato l'Iran»: così Jonathan Schanzer, l’ex analista di Intelligence sul Medio Oriente del ministero del Tesoro oggi direttore politico della Fondazione per la difesa della democrazia a Washington, legge quanto sta avvenendo a Gaza.

Perché Morsi ha inviato il proprio premier nella Striscia?

«Lo ha fatto cedendo alle forti pressioni americane. Il presidente Obama vuole che sia l’Egitto a risolvere la crisi di Gaza e Morsi ha compiuto un gesto per riuscirci».

Ma la missione sembra fallita, ora quali scenari si aprono?

«Obama ha chiamato il leader turco Ergodan sperando che abbia maggior successo con Hamas ma più a lungo dura la crisi più a rafforzarsi è l'Iran».

Qual è il motivo?

«I razzi lanciati da Hamas contro Tel Aviv e Gerusalemme sono di produzione iraniana. Dimostrano che Teheran sta rifornendo Hamas con armi simili a quelle che ha fatto arrivare, in maggior numero, agli Hezbollah in Libano. Se Morsi non riesce a porre termine agli attacchi, la crisi spingerà sempre più Hamas nelle braccia degli iraniani».

Ciò significa che vi sarà un'invasione israeliana?

«Non credo. L’intenzione di Israele è stata sin dall’inizio di distruggere tutti i depositi di razzi iraniani consegnati a Hamas. Hanno pressoché terminato l’opera. Fra 48 ore tutti i loro obiettivi saranno raggiunti. Ciò significa che se Hamas cesserà di lanciare razzi tutto rientrerà in fretta».

Gli accordi di pace di Camp David fra Egitto e Israele ne escono indeboliti?

«Sin dall’elezione di Morsi alla presidenza l'Egitto discute sulla revisione degli accordi di pace con Israele. C’è una evidente volontà di arrivarci da parte dei Fratelli Musulmani ma gli israeliani hanno fatto capire con chiarezza che non è disposta ad addentrarsi su questo terreno. E gli Stati Uniti sono decisamente contrari. Morsi non può far a meno degli ingenti aiuti economici americani e internazionali. Dunque ritengo che, a dispetto di una retorica molto aggressiva nei confronti di Israele, non arriverà a denunciare gli accordi di pace del 1979».

Le relazioni fra Obama e Morsi ne escono indebolite?

«In questo momento gli Stati Uniti vogliono soprattutto che Hamas cessi il lancio dei razzi e dunque questo è ciò che chiedono a Morsi ma quando tutto sarà finito vorranno appurare se l’Egitto era o meno a conoscenza dell’inizio dell’offensiva dei razzi. Se ciò fosse vero le relazioni bilaterali sarebbero messe a dura prova e il Congresso di Washington potrebbe decidere di intervenire sugli aiuti economici annuali che sostengono tutt’ora l’economia egiziana».







2. Amos Oz: " Siamo sotto attacco dal 2006 Netanyahu ha dovuto reagire "

L'opinione di Amos Oz coincide con quella di A. B. Yehoshua. Ne tengano conto i pacifinti italiani sempre schierati contro Israele. Amos Oz e A.B. Yehoshua, critici con tutti i governi israeliani, condividono le scelte di Netanyahu.

Ecco l'intervista:

GERUSALEMME

Amos Oz, stanno osando l'inaudito: razzi su Gerusalemme… È il gps di Hamas che funziona male o c'è una strategia? 

«Mi piacerebbe che fosse il gps… Ma temo che sia una cosa intenzionale. Sono in macchina, sto ascoltando la radio militare e dicono che l'obbiettivo era quello di colpire la Knesset».
Ma se poi colpiscono la moschea Al Aqsa? In ogni caso, il venerdì, alla Knesset non c'è nessuno…Non possono sapere tutto».

Possiamo già chiamarla la Seconda guerra di Gaza?

«Consiglierei prudenza. È lo scorrere dei giorni a dare la forma a una guerra».

Con la calma di chi ha visto di peggio, chiuso in un carro armato nei Sei giorni del 1967 e sulle alture del Golan. Con la leggera sapienza di chi sa che da queste parti «la vita fa rima con la morte», titolo d'un suo libro. Con l'autorevolezza tranquilla di chi ha fondato Peace Now israeliano, e per lo Stato palestinese si batteva già quarant'anni fa. All'ora dei missili e delle bombe, con tutte queste cose caricate in auto, il più grande scrittore israeliano se ne va verso Sud. Destinazione Arad, casa sua, deserto del Negev: «Ero a Tel Aviv giovedì pomeriggio, quand'è caduto il primo razzo. Me ne vado, ma non per paura. Perché è il weekend…».

Curioso, però: fra tanto sparare, il mondo s'impressiona se un Fajr solca il cielo di Tel Aviv…

«Finora a Gaza sono morte più di venti di persone, per la maggior parte erano tutti miliziani di Hamas. Gli aerei israeliani stanno facendo di tutto per colpire il meno possibile obbiettivi civili. Hamas, no: il suo scopo è fare morti fra la gente comune, perché sa che l'effetto è maggiore. Ecco perché un missile su Tel Aviv non è solo un missile su Tel Aviv».

Il coinvolgimento delle grandi città può cambiare le strategie?

«Un morto a Tel Aviv non è più importante d'un morto a Sderot. La differenza sta nella densità dei centri colpiti, nel numero di vittime. Per questo sparano al bersaglio grosso».

La chiamano dall'estero per sapere che succede?

«Sì. E io spiego che Israele si trova sotto l'attacco continuo di questi razzi almeno dal 2006. Quale Paese sopporterebbe dodicimila missili in sei anni? Bisognava reagire, non c'era alternativa se non con un attacco aereo che è sproporzionato solo per chi non ha provato a stare qui in questi anni. Però adesso sono contrario all'ingresso via terra coi carri armati: a Gaza è facile entrare, ma non è facile uscirne».

Anche nel 2008, Piombo Fuso doveva essere un'operazione risolutiva…

«E infatti allora si fece l'attacco via terra, un errore. Penso che Netanyahu farà di tutto per evitare di ripeterlo: quattro anni fa, le ferite furono molto profonde, anche psicologiche».

Il caso Shalit, la mediazione egiziana dimostrano però che, al di là della retorica, con Hamas si può parlare…

«Si può parlare con Hamas, ma dipende da come e su che cosa. Hamas non ci vuole vivi, continua a ripetere che non dobbiamo stare qui. Non c'è dialogo con chi mette in discussione la tua presenza».

L'Egitto dei Fratelli musulmani ci crede.

«L'Egitto s'è posto come intermediario. Ma è difficile lo possa fare un governo che dà tutte le ragioni a Hamas e tutti i torti a Israele. È meglio se si leva: serve un altro mediatore, più neutrale. Nemmeno la Turchia può avere questo ruolo».

Quanto dura questa Colonna di fumo?

«La risposta è solo nella testa di Hamas. L'operazione militare terminerà quando finiranno i missili. Non ci sono molti retroscena, non c'entrano niente il voto alla Casa Bianca o quello israeliano in gennaio, di cui sento parlare: sono bombe legate a un'emergenza da risolvere».

C'è un dato politico, però. In quattro anni, Netanyahu è riuscito a rompere con Obama, con la Turchia, con l'Egitto, ha congelato il dialogo coi palestinesi… È il leader adatto?

«Lei sa quanto io sia un oppositore di Netanyahu. A gennaio voterò contro di lui. Sul piano politico, non ha mai tentato un accordo coi palestinesi. E sul piano sociale, s'è rivelato un primo ministro al servizio dei ricchi. Ma questo non m'impedisce di dargli ragione sul problema di Gaza».

Ma è lecito sigillare in quel modo un milione e mezzo di persone e pretendere che non reagiscano?

«Gl'israeliani stanno rifornendo la Striscia di cibo e di benzina anche in questi giorni, il valico egiziano di Rafah è aperto: non accetto che si dica che quella è una prigione a cielo aperto per colpa d'Israele. Vedo molta ipocrisia su questo tema: da quando a un povero, per quanto povero, è riconosciuto il diritto d'uccidere gente innocente?».

L'Obama II sarà una sorpresa per il Medio Oriente?

«Non ci sono soluzioni a sorpresa, qui. Quello che Obama può fare, è aiutare Abu Mazen e Netanyahu a negoziare fra di loro. Con pazienza. E lasciando perdere Hamas».

0 commenti:

Posta un commento

Dite la vostra

sito internet

Twitter del Viandante

 
Photography Templates | Slideshow Software