domenica 17 febbraio 2013

Blognotes /6 - Controcorrente. Un festival da dimenticare? No salviamo le canzoni.


Se leggiamo od ascoltiamo i commenti al Festival di Sanremo sentiamo parlare di qualità, di eleganza e di raffinatezza. Viene da chiedersi quale festival abbiano visto. Se da un lato la parte del festival dedicata alla canzone è stata un successo; bella l'idea delle due canzoni per artista, quasi tutti belli i brani presentati. Dall'altro lato abbiamo assistito ad uno dei peggiori festival della storia per quanto riguarda la conduzione (e la scenografia, ma dove erano i fiori della città dei fiori?)

Andiamo controcorrente. Nel giorno delle celebrazioni della "coppia" applaudita dall'intellighenzia radical chic e da un buon successo di pubblico ci discostiamo e diciamo che non abbiamo visto lo stesso spettacolo.

Cominciamo con Luciana Littizzetto, proclamata regina del Festival, ma cosa ha dato a Sanremo se non una serie di banalità farcite di parolacce e volgarità oltremodo gratuite? La qualità è non saper fare un discorso senza qualche turpiloquio? Tra gnocca, tette, cacca e via dicendo sembra di stare nella Cloaca Massima, e poi questi due presentatori che si danno uno della cretina e l'altra dell'idiota. Riesce a far ridere solo con battute offensive ma soprattutto non rispetta nessuno, a partire dal pubblico.
E' eleganza la maleducazione? Il togliersi le scarpe, fare gestacci e sedersi sul palco (letteralmente) come se si fosse a casa propria? Libertà e bravura è fare un banale  monologo contro la violenza sulle donne che tutti CONDANNIAMO? Monologo che arriva in parte da un libro che la Littizzetto ha pubblicato a fine 2012: "Madama Sbatterfly". Lì ci sono battute come "Dire ti amo non provoca impotenza", "Il Creatore non ha detto: E la suocera fece l'arrosto, fatelo sempre così in memoria di me". E lì c'è pure, seppur in una forma leggermente diversa, il rimprovero ai maschi per l'odore dei piedi, "arma di distruzione di massa". Anche "dormire sul vostro omero ci dà un po' la sensazione di poggiare la mandibola su un ramo secco di castagno" non è nuova: c'era già in una rubrica che la stessa Littizzetto teneva sul quotidiano torinese "La stampa", al pari della battuta sulle russate forti al punto che sembra di dormire "ai piedi dello Stromboli". Il fatto di essere bruttina e bassina la rende libera di fare e dire tutto? Evidentemente si, ma visto che si dice che pensando male ci si azzecca, viene il dubbio che la dote principale della comica torinese sia l'essere di sinistra. Non contenta ha ponteficato anche sulle coppie gay: “L’amore è l’amore e uguale in tutte le sue forme”. Ennesima mancanza di rispetto verso tutti coloro che non la pensano così. Ormai, purtroppo, dobbiamo piegarci all’imperante fascismo culturale che una piccola élite cerca di spargere tra il popolino.

Quale messaggio è uscito dal festival? Cosa ci hanno voluto dire Fazio ed i suoi autori? Ripropongo l'intervento di oggi su "ilGiornale di Giuliano Ferrara: "Odio quella violenza (sulle donne), ma la campagna sul femminicidio, come quella sui matrimoni gay, come quella sull'omofobia, come ieri quella sul diritto di avere figli o sul diritto di morire, è solo parte di un gigantesco movimento nella direzione del banale universale che anche in Italia, dove il fondo cristiano-cattolico aveva fino adesso funzionato da revulsivo, sta per trionfare definitivamente."

Un festival infarcito di buonismo e di attacchi a quei valori che sono l'unico argine al tracollo definitivo della nostra società. Sul sito della Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli scrive: "Questa edizione del Festival di Sanremo passerà probabilmente alla storia per la crociata a favore del matrimonio gay. Iniziata già nella prima serata con l’ormai nota esibizione sul palco di due uomini in procinto di sposarsi a New York, perché l’Italia non glielo permette, ha avuto un seguito anche ieri sera con il monologo sull’amore recitato da Luciana Littizzetto in cui, tra l’altro, ha esaltato l’amore fra persone dello stesso sesso." e ancora Rinaldo Pozzi: "Bravo Fazio, piazzare nella prima serata di Sanremo un vero e proprio spot gratuito per i matrimoni gay è un colpo da maestro. Per giunta, senza nemmeno un fischio in sala, visto che la platea aveva già dato. A questo punto ci chiediamo: ma il servizio “pubblico” a chi risponde? Che interessi difende? Perché gli italiani devono ancora pagare con le tasse una tv di Stato che finge di rispettare le opinioni di tutti (seguendo l’idiota par condicio) facendo poi passare messaggi di parte di questo tipo? Non è anche questa politica? Cosa sarebbe accaduto se avessero dato spazio senza motivo a un’associazione antiabortista? La guerra civile?"

Ed accenniamo brevemente alla politica portata sul palco dell'Ariston, abbiamo visto tutti la penosa esibizione di Crozza che come sempre ha attaccato (più o meno) tutti, destra, sinistra e centro. Ma nel Festival più politico degli ultimi anni, in un Sanremo da record per il numero di polemiche preventive, quell'apertura del comico ligure con l'imitazione di un Cavaliere spregiudicato e che afferma "voglio rovinare il Paese" è stata un pugno nello stomaco. Un colpo di spada, non di fioretto. Sì, è vero, poi sarebbero arrivate anche le imitazioni necessarie per riequilibrare la par-condicio. Sì, è vero, tutti lo sapevano e lo immaginavano. Ma è altrettanto vero che, considerando le premesse, Crozza ha deluso anche il suo pubblico con un'esibizione sottotono e loffia.

Il tentativo (fallito) fatto da Fabio Fazio di strumentalizzare il calciatore del Torino Angelo Ogbonna che alla domanda se fosse giusto dare la cittadinanza ai figli degli immigrati già alla nascita ha risposto coraggiosamente che no, è più giusto che decidano al raggiungimento della maggiore età. Colpito ed affondato.

Il "se non ora quando" gridato dalla Littizzetto più che una difesa delle donne che ci vede tutti d'accordo sembrava uno slogan da campagna elettorale, una strumentalizzazione politica di un problema che ovviamente non ha una divisione destra-sinistra come vorrebbero a sinistra.

Emblematica la triste esibizione comica (?) di Claudio Bisio, sottotono ed obbligato ad un intervento che altro non è stato se non politico (mascherato da discorso "sociale" per evitare l'effetto Crozza, caduto malamente nella prima puntata). Bisio ieri sera non sembrava lui, sottotono, imbarazzato, senza grinta, lontano dal brillante comico che per tanti anni ha tenuto banco a Zelig, Bisio non è mai partito.
Ha cominciato il suo intervento con un suo vecchissimo pezzo di repertorio, giocando con Paperino, Qui, Quo e Qua e le mucche. Una scusa per dire «ma come si fa a non parlare di politica?», ti tocca parlare per mezz'ora del nulla, e dunque - per qualche secondo pareva il Grillo dei poveri - si è lanciato in un «abbasso! mandateli tutti a casa, fanno promesse e non le mantengono, distruggono l'Italia». Ma chi? «No, non i politici. Ma che li vota, i cittadini, di cui i politici sono lo specchio...» Poteva essere un bel punto di partenza per fare un divertente ritratto degli italiani, di quelli che non battono mai gli scontrini, di quelli che prendono le pensioni da ciechi e accompagnano in macchina la mamma, delle pulzelle che si abbarbicano a un riccone pensando di aver avuto l'idea per prime. Invece, la gag non prendeva vita e Bisio si è ritrovato a ripiegare su battute scontate come «quelli che fanno casini (con la c minuscola) come andare al Family day con due famiglie», o che - per coerenza - «i comunisti devono mangiare i bambini», «i fascisti devono invadere l'Abissinia» e «i cattolici devono andare a messa». Insomma, promesse non mantenute: alla vigilia sembrava che il comico potesse mettere in piedi un momento comico dedicato al sociale in contrasto con quello di Crozza che ha preso di mira i leader politici. Invece, meglio non fare confronti...(da Il Giornale).

Ma il sottotitolo del Festival recita "della canzone italiana". E quella è la parte che vogliamo ricordare. Fortunatamente c'erano le canzoni, e proprio le canzoni hanno salvato un festival altrimenti da dimenticare, volgare, banale e pieno di messaggi negativi come mai si era visto.

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