domenica 12 gennaio 2014

Un dramma dei nostri tempi. Il divorzio. "Se fossi vissuto sempre in Italia probabilmente sarei un divorzista." (Piero Ottone)

Che uno sia favorevole o meno all’istituto giuridico del divorzio, non si può non riconoscere che esso è sempre un dramma, una ferita, che non si rimargina, e che si ripercuote ogni anno, su migliaia e migliaia di figli. Il divorzio, la convivenza e le famiglie allargate rovinano la vita di molti bambini, spesso "privati dell’appoggio dei genitori, vittime del malessere e dell’abbandono", e "che si sentono orfani non perchè figli senza genitori, ma perchè figli che ne hanno troppi".


Argomento difficile da trattare soprattutto se si è critici nei quoi confronti. Ma vogliamo farlo proponendo un punto di vista laico che conferma il fatto di come si possa essere contrari al divorzio anche senza essere credenti, cattolici. Riprendiamo in mano un brano del laico Piero Ottone, direttore liberale e laico del Corriere della Sera, che nel 1964 (si discuteva allora della legalizzazione del divorzio) scriveva:

Se fossi vissuto sempre in Italia probabilmente sarei un divorzista. Ho invece trascorso una quindicina di anni in paesi nei quali vige il divorzio (sappiamo del resto che vige quasi ovunque). Sulla base di quel che ho visto e sentito, ho acquistato alcune convinzioni che cercherò di riassumere, e che sono, comunque, contrarie al divorzio…non perché contrasti con la morale cristiana, che rispetto, ma che non intendo prendere in considerazione.

 Bensì perché lo ritengo nocivo, nel complesso, alla società… Il divorzio ha il vantaggio di riparare l’errore di un matrimonio sbagliato e permette di ricominciare. D’accordo. Ma presenta anche uno svantaggio che è, a mio avviso, ancora maggiore. Esso uccide, o riduce fortemente, la volontà dei coniugi di compiere ogni possibile sforzo per salvare un matrimonio pericolante. Dobbiamo ricordare innanzitutto che ogni matrimonio, prima o dopo, corre qualche serio pericolo. Uomini e donne sono troppo diversi gli uni dagli altri per andare costantemente d’accordo…Che cosa succede in questo momento pressoché inevitabile in qualsiasi unione matrimoniale, se esiste la possibilità del divorzio? Quel che succede l’ho visto in Inghilterra, in Germania, in Scandinavia. La possibilità di uscire da una stanza in cui si sta scomodi genera un potente, quasi irresistibile desiderio di uscire, senza tentare di rendere quella stanza, quanto più possibile, comoda e abitabile. E ogni indebolimento della volontà dei coniugi è gravissimo, anzi fatale, perché, nei matrimoni davvero pericolanti, solo un grande sforzo da parte di entrambi, senza indecisioni e incertezze, può salvarli. Ne consegue che l’istituto del divorzio, anche se ha il vantaggio di sanare di tanto in tanto le situazioni insostenibili, ha il gravissimo difetto di indebolire la fibra morale dei cittadini.

Esso fa di loro, uomini e donne, persone che fuggono davanti alle difficoltà, e non persone che le affrontano con coraggio. Il danno si ripercuote su tutta la vita sociale. L’indebolimento, inoltre, si ripete a ogni successivo matrimonio di chi si sia già divorziato. L’esperienza dei paesi col divorzio conferma quanto sa benissimo ogni studioso di psicologia. Le difficoltà del primo matrimonio risorgono quasi immutate nel secondo, perché la loro causa fondamentale non risiede nel partner, cioè nell’altro coniuge, bensì in noi stessi…Là dove vige il divorzio è più facile, come in Scandinavia, la gente passa di matrimonio in divorzio tutta la vita. Vi risparmio la descrizione delle conseguenze per i figli, perché furono descritte già migliaia di volte…Sono convinto che l’assenza di divorzio non può salvare tutti i matrimoni, ma ne salva molti che altrimenti finirebbero male. Lo Stato, per la salvezza della famiglia, che è un istituto di importanza ovvia, e per la felicità della maggioranza dei cittadini, fa quindi bene a mio avviso a non permettere il divorzio, anche se questo sacrifica l’esistenza di una minoranza verso i quali tutti sentiamo, si capisce, una profonda comprensione” (citato in "Scritti di un pro life", Fede & Cultura, www.fedecultura.com).

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