martedì 16 febbraio 2016

Questa la disinformazione in Italia. Le Iene smascherate da Radio Maria, i video.

Questa la disinformazione in Italia, al servizio del pensiero unico, per screditare una delle poche voci libere di questo paese, che ha avuto l'ardire di non schierarsi a favore delle cosiddette unioni civili e della stepchild adoption, ma di schierarsi con i più deboli, difendendo i diritti dei bambini e delle donne. Dopo il servizio delle Iene, alcuni giornali hanno ripreso senza verificarla la notizia del "pestaggio" ricevuto dai poveri inviati. (La Repubblica, il Giornale, il Mattino, adnkronos, Corriere della Sera, il Messaggero. Huffington Post, ll Secolo XIX, LiberoSecolo d'Italia, ANSA)

Vi propongo di seguito il servizio delle Iene in questione.



Ecco invece il filmato diffuso sulla pagina facebook di Radio Maria in cui si vede chiaramente quello che è successo.



Non servono commenti, è evidente che non c'è stata alcuna aggressione al cameraman, gettatosi per terra da solo nel tentativo di impedire ad un volontario di radio Maria di coprire l'obiettivo della telecamera mentre filmava l'interno della sede. Nessuna percossa, nessuno spintone, nessun pestaggio.

Questo il comunicato di Radio Maria:

Alcuni social hanno pubblicato la notizia che le Iene, che hanno fatto irruzione Venerdì sera nella sede di Radio Maria, sono state picchiate.

E’ una notizia inventata dal nulla, al solo scopo di lanciare il servizio televisivo.

In realtà questa è stata la sequenza dei fatti:

1. Una Iena con un collaboratore di un piccolo giornale locale, da noi fotografati, sono entrati in incognito in cappella insieme agli altri fedeli e vi sono restate fino alla fine del rosario. Poi, all’inizio della catechesi, sono uscite con le loro gambe, probabilmente per dare informazioni ai loro “amici” che aspettavano di fuori. La loro presenza in cappella è stata ignorata e nessuno li ha disturbati.


2. Poco dopo, altre due Iene con la telecamera hanno cercato di penetrare in cappella evitando di usare l’entrata aperta al pubblico. Sono invece scese per le scale di sicurezza esterne e hanno cercato di forzare dall’esterno le porte di sicurezza. (Fatto verificabile guardando a partire dal minuto 3:45 il video a questo link)

3. Resosi conto di quanto stava per accadere, il servizio d’ordine ha invitato cortesemente le Iene ad allontanarsi in quanto stavano disturbando la gente riunita in cappella. DA UN FILMATO IN NOSTRO POSSESSO NON RISULTA NESSUNA AGGRESSIONE : si vede il tentativo di abbassare una telecamera all’operatore delle iene, ma non c’è stato nessun trattenimento a terra e non è stato in alcun modo picchiato il Sig. Mauro Casciari, contrariamente a quanto è stato affermato prima, durante e dopo la trasmissione delle Iene.

Questo è quanto accaduto.

Redazione di Radio Maria



Che dire, povera Italia.

mercoledì 10 febbraio 2016

10 Febbraio, #GiornodelRicordo in memoria delle vittime delle #foibe e dell’esodo giuliano dalmata. La storia (II).


'Giorno del Ricordo', in memoria delle vittime delle foibe. Il 10 febbraio è il giorno del ricordo di una pagina tra le più cupe della storia contemporanea, avvolta a lungo nel silenzio e nel buio, come le tante vittime, inghiottite nelle cavità carsiche, le cosiddette foibe, per volere del maresciallo Tito e dei suoi partigiani, in nome di una pulizia etnica che doveva annientare la presenza italiana in Istria e Dalmazia. Fra il 1943 e il 1947 oltre 10 mila persone furono gettate vive o morte in queste gole, un genocidio che non teneva conto di età, sesso e religione, riconosciuto ufficialmente nel 2004, con la legge numero 94 che istituì la «Giornata del Ricordo», in memoria dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata.

Dove si trovano le foibe?




Cosa è una foiba?


Il termine "foiba" è una corruzione dialettale del latino "fovea", che significa "fossa"; le foibe, infatti, sono voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua; possono raggiungere i 200 metri di profondità. Esse sono degli abissi verticali e cupi, che si perdono nel silenzio delle profondità terrestri, caverne immense. In Istria sono state registrate più di 1.700 foibe. (Nella foto accanto una foiba istriana).

Come sono state utilizzate le Foibe?

 Le foibe furono utilizzate in diverse occasioni e, in particolare, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale per infoibare ("spingere nella foiba") migliaia di italiani, antifascisti e fascisti, colpevoli di opporsi all’espansionismo comunista slavo propugnato da Josip Broz meglio conosciuto come "Maresciallo Tito". A riguardo è interessante riportare quanto affermato da Kardelj (vice di Tito) il quale poté affermare: "ci fu chiesto di far andar via gli Italiani con tutti i mezzi e così fu fatto". Nessuno sa quanti siano stati gli infoibati: alcune stime parlano di 10-15.000 sfortunati.    




Come venivano eliminate le vittime di titini?   

Le vittime dei titini venivano condotte, dopo atroci sevizie, nei pressi della foiba; qui gli aguzzini, non paghi dei maltrattamenti già inflitti, bloccavano i polsi e i piedi tramite filo di ferro ad ogni singola persona con l’ausilio di pinze e, successivamente, legavano gli uni agli altri sempre tramite il fil di ferro. I massacratori, nella maggior parte dei casi, sparavano al primo malcapitato del gruppo che ruzzolava rovinosamente nella foiba spingendo con sé gli altri. Inoltre era consuetudine degli stessi aguzzini lasciare un cane nero sui corpi dei morti, perché un’antica credenza popolare slava, pensava che in questo modo le anime dei defunti non avrebbero trovato pace neppure nell’aldilà.
Infine, per cancellare le tracce di quanto avvenuto, alcuni soldati lanciavano delle bombe all’interno della foiba, riducendo in polvere i resti delle vittime.

Chi erano le vittime delle Foibe?
           
Italiani di ogni estrazione: civili, militari, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia e di
custodia carceraria, fascisti e antifascisti, membri del comitato di liberazione nazionale. Contro questi ultimi ci fu una caccia mirata, poiché in quel momento rappresentavano gli oppositori più temuti dalle mire annessionistiche di Tito. Furono infoibati anche tedeschi vivi e morti e sloveni anticomunisti. Quante furono le vittime delle Foibe non si sa perché in quel clima di furore omicida e di caos era impossibile tenere la contabilità delle esecuzioni. Si calcola, però, che gli infoibati furono alcune migliaia. Più precisamente si è calcolato che gli infoibati si aggirino tra i dieci o quindici mila.  Clicca due volte sull'immagine, per ingrandirla.

Quando avvenne l'infoibamento

Dopo avere subito umiliazioni corporee e psicologiche di vario genere, molto italiani furono gettati nelle foibe per cancellare definitivamente la loro presenza.
I massacri si verificarono in due momenti: il primo, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, quando si scatenarono vendette e rancori mai sopiti dopo 20 anni di italianizzazione forzata; il secondo, molto più grave per numero delle vittime, nella primavera del ’45, quando le truppe titine occuparono la Venezia Giulia, la Dalmazia, Trieste e parte del Friuli.


E gli alleati stavano a guardare …



I 40 tragici giorni di Trieste   Finita la guerra, Trieste e i territori circostanti si autoliberarono e per un brevissimo periodo quei luoghi rimasero liberi da ogni forma di governo.
Ben presto, però, Trieste rientrò nell’orbita espansionistica di Tito, che desiderava annetterla all’impero Jugoslavo.
Tale sogno rappresentava un serio pericolo per le potenze vincitrici, che vedevano l’ingrandimento del potere di Tito e una possibile minaccia Comunista nei paesi occidentali.
Inoltre, Trieste interessava agli Alleati, poiché, grazie alla sua posizione geografia, essa rappresentava un buon corridoio di passaggio (per rifornire le truppe stanziatesi in Austria) tra l’Adriatico e la nazione d’oltre alpe. Pertanto nacque una corsa tra l’esercito di Tito e quello di Churchill per la conquista della città.
Il 1° Maggio del 1945, a guerra finita, entrarono per primi gli slavi, che manifestarono apertamente di non gradire l’ingresso delle forze britanniche in quello che consideravano loro territorio. Solo dopo diverse e segrete trattative (che si ripercuoteranno in modo negativo sulla popolazione triestina per l’inettitudine degli Alleati) il 2 maggio nel tardo pomeriggio Freyberg, comandante delle truppe neozelandesi, poté fare il suo ingresso in città. Tuttavia, malgrado la presenza delle forze alleate, la popolazione triestina subì le angherie dell’esercito jugoslavo. A nulla valsero le implorazioni e le richieste d’aiuto della gente a Freyberg affinché intervenisse, perché questi rispondeva che gli jugoslavi gli avevano consentito di entrare a Trieste come “ospite” e come “ospite” si sarebbe comportato fino a nuovo ordine.

L’esercito degli Alleati dovette persino cedere alle richieste dei titini, i quali chiedevano la consegna di 2700 soldati tedeschi che, arrendendosi, si erano consegnati prigionieri di guerra agli Alleati. L’illusione durò poco tempo perché di quei 2700 prigionieri nessuno fece ritorno.


Fonte: https://sites.google.com/site/didatticasecondaria/foibe



Ecco il link per la prima parte della storia delle Foibe: 10 Febbraio, #GiornodelRicordo in memoria delle vittime delle #foibe e dell’esodo giuliano dalmata. La storia (I).

giovedì 4 febbraio 2016

La fine di Hong Kong, non ci sarà più libertà senza che la stessa arrivi anche per la Cina.

HONG KONG – CINA
La fine di Hong Kong è arrivata con 32 anni di anticipo
articolo di Gianni Criveller per Asia News

La scomparsa di Lee Bo e di altri quattro editori, che hanno pubblicato libri critici verso il Partito comunista cinese, sta facendo crollare l’oasi di libertà che era il Territorio. Crescono il controllo, la paura e l’autocensura. Le strane “visite” di studiosi a attivisti e missionari stranieri. Hong Kong, un deserto culturale. Intanto in Cina è più violenta la repressione contro avvocati, cristiani protestanti e cattolici, musulmani uighuri, buddisti tibetani. P. Wei Heping, martire come Jerzy Popiełuszko. Non ci sarà più libertà a Hong Kong, senza che la stessa libertà arrivi anche per la Cina.

Hong Kong
È la fine di Hong Kong. Hong Kong, come l’abbiamo conosciuta e abitata finora, non c’è più. La Hong Kong del “un Paese – due sistemi” doveva durare almeno 50 anni, ha resistito solo per 18. La fine è arrivata con ben 32 anni in anticipo. La data di morte è il 30 dicembre 2015, poco dopo le 18. Alcuni testimoni avrebbero visto degli uomini costringere l’editore Lee Bo ad entrare in un furgone. Da allora non si sa più nulla di lui (v. foto). La moglie, disperata, ha ricevuto una telefonata da lui in cui, usando in modo innaturale la lingua mandarina, diceva di trovarsi in Cina, e che doveva assistere le autorità in un’indagine. Nel mese di ottobre altri tre piccoli editori erano spariti mentre si trovavano in Cina. Una quarta persona, pure piccolo editore di Hong Kong, era sparita mentre si trovava in Thailandia. Cinque editori di Hong Kong spariti nel nulla, come succede solo nei peggiori regimi fascisti, comunisti e militari. Avevano in comune la produzione e vendita di libri critici verso il partito comunista cinese. Libri che andavano a ruba proprio tra i turisti dalla Cina in visita a Hong Kong. E avevano in preparazione un nuovo libro, critico e forse salace, sul presidente Xi Jinping.

In passato ho scritto tante volte che a Hong Kong non c’è la democrazia, ma c’è almeno la libertà. Oggi non lo posso più affermare. Residenti di Hong Kong erano già stati imprigionati per motivi politici mentre erano in viaggio in Cina. Ma le operazioni di sicurezza politica cinese non si erano mai spinte fino all’interno di Hong Kong. Come ha giustamente osservato il leader democratico Lee Cheuk-yan, il sequestro di Lee Bo è quanto di peggio la gente di Hong Kong possa temere. Sparire nel nulla, nelle mani di agenti cinesi. La gente si è sempre sentita sicura a Hong Kong. Ora non lo è più. La polizia afferma che non c’è nessuna registrazione che dimostri che Lee Bo abbia passato la frontiera. Il governo di Hong Kong dice di non saperne nulla. C’è da credergli, dato che non conta niente. Gli agenti segreti non chiedono autorizzazione per procedere contro i dissidenti, né usano procedure legali. Le autorità della Cina tacciono. Anzi, qualcosa hanno ammesso: Lee Bo, pur avendo un passaporto britannico, rimane un cinese. Singolare concezione delle regole internazionali.

Lee Bo, editore scomparso ad Hong Kong
Le conseguenze del misterioso sequestro sono devastanti. I libri critici verso il regime cinese sono stati tolti dalle librerie della città. Yu Jie, dissidente cinese, che vive peraltro negli Usa, ha annunciato che Open, una casa editrice di Hong Kong, ha rinunciato a pubblicare il suo libro, già ultimato, sul leader Xi Jinping. L’editore capo di Open Magazine, la principale rivista-osservatorio di Hong Kong sulla Cina, ha annunciato che emigrerà negli Stati Uniti nelle prossime settimane. Chi si è esposto ha paura. Hong Kong era stata dispregiativamente descritta, dall’interno della Cina, come un ‘deserto culturale’. Era un’affermazione ingiusta. Ma ora sta diventando davvero un deserto culturale e conformista. Attraverso l’autocensura, con il minimo sforzo, il regime di Pechino ottiene risultati strepitosi.

Questa non è l’inizio della fine. È la fine. L’inizio è stato quando, ormai da qualche anno, non si è voluto in nessun modo dare vita al processo democratico per rispondere alla richiesta della popolazione e alle indicazioni della Basic Law, che regola la vita costituzionale di Hong Kong. L’agonia di Hong Kong durerà ancora qualche anno. Il mondo editoriale è già in mano ad amici del potere, compreso, purtroppo, il quotidiano in lingua inglese South China Morning Post. I giornalisti critici sono stati esclusi uno dopo l’altro, ma senza colpi di scena, e in poco tempo la soffice epurazione sarà completata. Verrà il momento in cui anche al mondo della scuola e poi a quello delle religioni verrà chiesto l’allineamento. È questione di tempo.

Nel frattempo già da qualche anno alcuni residenti di Hong Kong impegnati civilmente, compresi alcuni missionari stranieri, ricevono visite non richieste di gentili “studiosi” cinesi. Vengono fatte tante domande, richiesti punti di vista e informazioni. I loro modi sono cortesi e generosi, ma il senso di tali visite è purtroppo, fin troppo ovvio.

Le cose, in genere, non sono più complicate di quanto appaia. Basta aver occhi per vedere. Sotto il leader Xi Jinping il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa stanno drammaticamente facendo dei passi indietro. In Cina continua l’arresto, la sparizione o altri provvedimenti restrittivi contro i giornalisti. Salgono a 49 i giornalisti arrestati; mentre i giornalisti stranieri scomodi sono espulsi, l’ultimo caso riguarda la francese Ursula Gauthier, che aveva scritto un articolo circa la repressione subita dalla popolazione Uighur nella Cina occidentale. Purtroppo anche gli avvocati per i diritti umani, che costituivano una vera speranza, sono presi di mira. Più di 700, tra avvocati e collaboratori, sono stati sequestrati, arrestati, o impediti di operare.

Dal 2009 ben 145 fedeli tibetani si sono immolati con il fuoco in protesta contro la politica oppressiva in Tibet. Una tragedia sostanzialmente ignorata. Anche i cristiani soffrono. Più di mille croci sono state demolite, e numerose chiese. E soprattutto c’è il triste e inquietante caso di Wei Heping, un giovane e coraggioso prete della comunità cattolica sotterranea, trovato morto nel fiume Fen nello Shanxi in circostanze gravemente sospette. La tragedia è avvenuta lo scorso 7 novembre 2015. In un primo tempo, la polizia ha sbrigativamente classificato il caso come suicidio. Ma non è così. Da parte di molti c’è la convinzione che si tratti di una morte violenta, causata dal suo influente attivismo tra i giovani e in internet. Molti fedeli lo considerano un martire. Se così fosse, sarebbe il primo prete ucciso in Cina negli ultimi 25 anni. Un caso che fa pensare al prete polacco Jerzy Popiełuszko, ucciso da agenti governativi nel 1984, oggi beato. A Hong Kong Wei Heping è stato ricordato da centinaia di fedeli lo scorso 30 dicembre, proprio nelle stesse ore in cui Lee Bo veniva deportato in Cina.

Un amico giornalista non condivide del tutto il mio pessimismo circa le sorti di Hong Kong. Dice che Hong Kong ce la farà. Spero di cuore che abbia ragione. Il mio non è un pessimismo malinconico, ma una semplice lettura dei fatti. Le cose sono quasi sempre come appaiono, e finiscono quasi sempre come si prevede. Gli ultimi avvenimenti ci hanno mostrato che il destino di Hong Kong e della Cina è ormai lo stesso. Non ci sarà più libertà a Hong Kong, senza che la stessa libertà arrivi anche per la Cina.

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