HONG KONG – CINA
La fine di Hong Kong è arrivata con 32 anni di anticipo
articolo di Gianni Criveller per Asia News
La scomparsa di Lee Bo e di altri quattro editori, che hanno pubblicato libri critici verso il Partito comunista cinese, sta facendo crollare l’oasi di libertà che era il Territorio. Crescono il controllo, la paura e l’autocensura. Le strane “visite” di studiosi a attivisti e missionari stranieri. Hong Kong, un deserto culturale. Intanto in Cina è più violenta la repressione contro avvocati, cristiani protestanti e cattolici, musulmani uighuri, buddisti tibetani. P. Wei Heping, martire come Jerzy Popiełuszko. Non ci sarà più libertà a Hong Kong, senza che la stessa libertà arrivi anche per la Cina.
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Hong Kong |
In passato ho scritto tante volte che a Hong Kong non c’è la democrazia, ma c’è almeno la libertà. Oggi non lo posso più affermare. Residenti di Hong Kong erano già stati imprigionati per motivi politici mentre erano in viaggio in Cina. Ma le operazioni di sicurezza politica cinese non si erano mai spinte fino all’interno di Hong Kong. Come ha giustamente osservato il leader democratico Lee Cheuk-yan, il sequestro di Lee Bo è quanto di peggio la gente di Hong Kong possa temere. Sparire nel nulla, nelle mani di agenti cinesi. La gente si è sempre sentita sicura a Hong Kong. Ora non lo è più. La polizia afferma che non c’è nessuna registrazione che dimostri che Lee Bo abbia passato la frontiera. Il governo di Hong Kong dice di non saperne nulla. C’è da credergli, dato che non conta niente. Gli agenti segreti non chiedono autorizzazione per procedere contro i dissidenti, né usano procedure legali. Le autorità della Cina tacciono. Anzi, qualcosa hanno ammesso: Lee Bo, pur avendo un passaporto britannico, rimane un cinese. Singolare concezione delle regole internazionali.
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Lee Bo, editore scomparso ad Hong Kong |
Questa non è l’inizio della fine. È la fine. L’inizio è stato quando, ormai da qualche anno, non si è voluto in nessun modo dare vita al processo democratico per rispondere alla richiesta della popolazione e alle indicazioni della Basic Law, che regola la vita costituzionale di Hong Kong. L’agonia di Hong Kong durerà ancora qualche anno. Il mondo editoriale è già in mano ad amici del potere, compreso, purtroppo, il quotidiano in lingua inglese South China Morning Post. I giornalisti critici sono stati esclusi uno dopo l’altro, ma senza colpi di scena, e in poco tempo la soffice epurazione sarà completata. Verrà il momento in cui anche al mondo della scuola e poi a quello delle religioni verrà chiesto l’allineamento. È questione di tempo.
Nel frattempo già da qualche anno alcuni residenti di Hong Kong impegnati civilmente, compresi alcuni missionari stranieri, ricevono visite non richieste di gentili “studiosi” cinesi. Vengono fatte tante domande, richiesti punti di vista e informazioni. I loro modi sono cortesi e generosi, ma il senso di tali visite è purtroppo, fin troppo ovvio.
Le cose, in genere, non sono più complicate di quanto appaia. Basta aver occhi per vedere. Sotto il leader Xi Jinping il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa stanno drammaticamente facendo dei passi indietro. In Cina continua l’arresto, la sparizione o altri provvedimenti restrittivi contro i giornalisti. Salgono a 49 i giornalisti arrestati; mentre i giornalisti stranieri scomodi sono espulsi, l’ultimo caso riguarda la francese Ursula Gauthier, che aveva scritto un articolo circa la repressione subita dalla popolazione Uighur nella Cina occidentale. Purtroppo anche gli avvocati per i diritti umani, che costituivano una vera speranza, sono presi di mira. Più di 700, tra avvocati e collaboratori, sono stati sequestrati, arrestati, o impediti di operare.
Dal 2009 ben 145 fedeli tibetani si sono immolati con il fuoco in protesta contro la politica oppressiva in Tibet. Una tragedia sostanzialmente ignorata. Anche i cristiani soffrono. Più di mille croci sono state demolite, e numerose chiese. E soprattutto c’è il triste e inquietante caso di Wei Heping, un giovane e coraggioso prete della comunità cattolica sotterranea, trovato morto nel fiume Fen nello Shanxi in circostanze gravemente sospette. La tragedia è avvenuta lo scorso 7 novembre 2015. In un primo tempo, la polizia ha sbrigativamente classificato il caso come suicidio. Ma non è così. Da parte di molti c’è la convinzione che si tratti di una morte violenta, causata dal suo influente attivismo tra i giovani e in internet. Molti fedeli lo considerano un martire. Se così fosse, sarebbe il primo prete ucciso in Cina negli ultimi 25 anni. Un caso che fa pensare al prete polacco Jerzy Popiełuszko, ucciso da agenti governativi nel 1984, oggi beato. A Hong Kong Wei Heping è stato ricordato da centinaia di fedeli lo scorso 30 dicembre, proprio nelle stesse ore in cui Lee Bo veniva deportato in Cina.
Un amico giornalista non condivide del tutto il mio pessimismo circa le sorti di Hong Kong. Dice che Hong Kong ce la farà. Spero di cuore che abbia ragione. Il mio non è un pessimismo malinconico, ma una semplice lettura dei fatti. Le cose sono quasi sempre come appaiono, e finiscono quasi sempre come si prevede. Gli ultimi avvenimenti ci hanno mostrato che il destino di Hong Kong e della Cina è ormai lo stesso. Non ci sarà più libertà a Hong Kong, senza che la stessa libertà arrivi anche per la Cina.
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