lunedì 24 giugno 2013

Marina Nemat: «Il nuovo presidente dell’Iran Rohani è riformista e moderato? Mi viene da ridere»

«Il nuovo presidente dell’Iran Rohani 
è riformista e moderato? Mi viene da ridere» 
(intervista di Leone Grotti per Tempi.it)

 Marina Nemat, scrittrice iraniana torturata dal regime e poi scappata all’estero, commenta a tempi.it l’elezione di Rohani: «Nel 1999 ha chiesto la pena di morte per gli studenti che manifestavano» 

Marina-Nemat-iran«Rohani moderato? Mi viene da ridere. Nel 1999, quando gli studenti iraniani hanno protestato contro la chiusura di un giornale riformista, quello stesso signor Rohani ha chiesto per tutti loro la pena di morte!». La scrittrice iraniana Marina Nemat non condivide i titoli dei giornali che hanno salutato positivamente l’elezione a presidente dell’Iran di Rohani, candidato “moderato” e “riformista”. Marina aveva 16 anni nel 1981, quando è stata arrestata perché protestava contro professori troppo politicizzati. Chiusa per due anni nella prigione di Evin, dove subì anche torture, è riuscita a scampare alla fucilazione e a scappare in Canada nel 1991. A tempi.it commenta il risultato delle elezioni presidenziali iraniane. 

Al contrario delle elezioni del 2009, il voto che ha portato in Iran alla nomina di Rohani sembra non essere stato alterato. È un segnale positivo? 
Secondo la Costituzione iraniana, solo gli uomini sciiti che non hanno commesso crimini o agito contro la “sicurezza nazionale” dell’Iran possono candidarsi alle elezioni presidenziali. Le donne o chi appartiene a una minoranza religiosa è escluso a priori. Una volta che questo criterio viene rispettato, il Leader supremo, attualmente l’ayatollah Khamenei, deve “approvare” i candidati presidenziali. Quest’anno, su circa 700 candidati, solo otto sono stati approvati. Per non parlare delle tante personalità che magari vorrebbero partecipare alle elezioni ma si trovano in prigione o in esilio. Quale persona sana di mente può davvero credere che queste elezioni siano libere o giuste? 

Hasan Rohani
Rohani
Tutti i candidati erano uguali? 
Sono stati tutti selezionati dal Leader supremo, i cui poteri sono quasi illimitati in Iran. Lui di sicuro non sceglie candidati che si possano trovare in futuro in disaccordo con lui sulle tematiche fondamentali. Se si guarda alla lista dei candidati, si vede che tutti hanno occupato posti di rilievo nella Repubblica islamica per molti anni, Rohani incluso. 

Non vedremo dunque alcuna contrapposizione tra il nuovo presidente e Khamenei? 
Le trascurabili divergenze tra il Leader supremo e Mousavi nel 2009 hanno quasi portato alla seconda rivoluzione iraniana, che è stata repressa dalla brutalità del regime con arresti, torture e stupri di dissidenti e manifestanti. Mousavi è stato messo agli arresti domiciliari. Questa volta, il regime si è assicurato prima che un tale scenario non potesse ripetersi. Ma il punto è che con l’attuale Costituzione, elezioni regolari sono semplicemente impossibili in Iran. Per questo non vedo nessun valido motivo per festeggiare. 

Eppure gli iraniani hanno salutato positivamente l’elezione di Rohani. 
Nel 1979, il 90 per cento degli iraniani è sceso in strada a festeggiare quando lo Scià è stato cacciato e l’ayatollah Khomeini è tornato in Iran. La gente è stata vittima della sua stessa ingenuità ed è dal 1979 che paga caro quell’errore. 

Rohani viene dipinto come un riformista e un moderato. 
Durante gli ultimi 30 anni, Rohani ha occupato alcuni incarichi tra i più importanti all’interno del regime iraniano. Ha dato prova più e più volte che Khamenei può fidarsi di lui. Moderato? Come si può misurare? Personalmente mi metto a ridere quando leggo che i giornali lo chiamano moderato. Su cosa si basano? Nel 1999, quando gli studenti iraniani hanno protestato contro la chiusura di un giornale riformista, quello stesso signor Rohani ha chiesto per tutti loro la pena di morte! 

Non ci sono somiglianze, quindi, con Mousavi? 
Il mondo forse ha dimenticato che Mousavi è stato primo ministro dell’Iran dal 1981 al 1989 quando migliaia di prigionieri politici, soprattutto giovani, sono stati torturati e giustiziati nelle prigioni iraniane. Mousavi era primo ministro quando io sono stata torturata e stuprata e i miei amici brutalmente uccisi nella prigione di Evin. Mousavi si è mai preso la responsabilità di questi atti e ha mai chiesto scusa dei crimini contro l’umanità avvenuti durante il suo mandato? Dov’era finito il suo lato “riformista” allora? E Khatami, l’idolo dei riformisti, che cosa fa per l’Iran? Ha solo fatto alcuni abbellimenti al regime, che sono stati subito cancellati. L’Iran non ha bisogno di piccoli abbellimenti, ma di modifiche fondamentali. In un paese dove le donne e le minoranze religiose valgono la metà di un musulmano sciita, come può crescere la democrazia? Perché questo avvenga deve cambiare la Costituzione. 

Rohani, dunque, anche volendo non potrà fare niente per cambiare l’Iran? 
No, è Khamenei che insieme alla Guardia rivoluzionaria detiene il vero potere nel paese. 

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Ahmadinejad
Subito dopo il voto, è stata diffusa la notizia che Ahmadinejad verrà processato alla corte criminale di Teheran. Le accuse sono ancora sconosciute, quale può essere il significato di questo processo?
È uno spettacolo inscenato per il popolo iraniano e il mondo intero dal regime per distrarli dal fatto che l’élite iraniana continua a mantenere il potere. Anche se rinchiudono in prigione Ahmadinejad per il resto della sua vita, questo non cambierà il fatto che la gente non può decidere chi governa il paese e i dissidenti vengono ancora perseguitati. Il governo iraniano è un maestro della propaganda e sa bene come mentire per restare al potere.

In tutto questo, cosa c’entra Ahmadinejad? 
Quale modo migliore per ingannare la gente? Invece che chiedere riforme gli iraniani saranno spinti a credere che è tutta colpa di Ahmadinejad se l’Iran versa in una condizione disastrosa. Ahmadinejad verrà punito e i veri colpevoli, Khamenei incluso, resteranno al potere a celebrare la loro vittoria. Leggi di Più: Iran, dissidente: «Rohani moderato? mi viene da ridere» | Tempi.it Follow us: @Tempi_it on Twitter | tempi.it on Facebook





martedì 18 giugno 2013

#Intervista - La denuncia di Ida Magli: “I Governanti ci Vogliono Uccidere”

La denuncia di Ida Magli: 
“I Governanti ci Vogliono Uccidere”


Minimalista, depressa, costantemente sull’orlo del baratro. E’ questa l’Italia che vuole l’Europa? O è la conseguenza di errori politici? Ne discutiamo con Ida Magli, antropologa e saggista italiana. Nel suo lavoro ha applicato il metodo antropologico alla cultura occidentale, pubblicando i risultati delle ricerche in numerosi saggi dedicati al cristianesimo, alla condizione delle donne, agli strumenti della comunicazione di massa. Ida Magli, nel 1997, con il suo saggio “Contro l’Europa”, ha previsto ciò che oggi sta accadendo in Europa, in Italia.

Dal 1997 lei afferma che l’Europa, questa Europa, è dannosa per l’Italia. Come spiega l’europeismo italiano a tutti i costi?
“Sono i governanti, i politici, i sindacalisti, più qualcuno dei grandi industriali per ovvi motivi di allargamento del mercato, ad aver imposto l’europeismo italiano a tutti i costi. Lei fa bene a sottolineare che è ‘italiano’: in tutti gli altri paesi, sebbene i governanti spingano verso l’unificazione europea, non c’è l’assolutezza che c’è in Italia, naturalmente anche a causa dell’obbedienza dei mezzi d’informazione nel tenere il più possibile all’oscuro i cittadini sugli scopi dell’Europa e sui suoi aspetti negativi, un’obbedienza quasi incredibile.
Faccio un solo esempio: tanto Mario Monti quanto Emma Bonino sono stati compartecipi del più grosso scandalo avvenuto in seno al governo europeo (La Commissione Santer: Commissione Europea in carica dal 1995 al 1999, quando è stata costretta alle dimissioni perché travolta da uno scandalo di corruzione – ndr) e costretti alle dimissioni con due anni di anticipo dalla scadenza del mandato per motivazioni ignobili quali nepotismo, contratti illeciti, enorme buco di bilancio, come recita la Gazzetta ufficiale dell’UE. Ma nessun giornalista lo dice mai e nessuno l’ha mai sottolineato, neanche quando Mario Monti è stato capo del governo e oggi in cui Emma Bonino è ministro degli esteri nel governo Letta.”

Quali sono gli interessi in gioco?
“I motivi di esclusivo interesse per i governanti sono molti, ma mi fermo a illustrarne soltanto due. Il primo è di carattere politico: distruggere gli Stati nazionali e per mezzo dell’unificazione europea, distruggere i popoli d’Europa, ossia i ‘bianchi’, facilitando l’invasione degli africani e dei musulmani per giungere a un governo ‘americano mondiale’. Naturalmente per la grande maggioranza degli italiani, quella comunista, l’universalizzazione era già presente negli ideali marxisti ed è persistita, malgrado le traversie della storia, fino ad oggi in cui vede finalmente realizzati i propri scopi nel governo Letta.
Si spiega soltanto così la lentezza e la tortuosità che sono state necessarie per giungere al governo Letta: era indispensabile creare le condizioni che giustificassero il vero governo ‘europeo’, abilitato a distruggere l’Italia consegnandola all’Europa. Il secondo motivo è esclusivamente d’interesse personale: si sono costruiti, spremendo e schiacciando il corpo dei sudditi, un grande ‘Impero’ finto, di carta, che non conta nulla e non deve contare nulla in base ai motivi che ho già esposto, ma che per i politici dei singoli Stati è ricchissimo. Ricchissimo di onori, di benemerenze, di poltrone, di soldi.
Governare oltre cinquecento milioni di persone, con tanto di ambasciate aperte in tutte le parti del mondo, fa perdere la testa a questi politici che vengono dal nulla e che non sono nulla e che, quando manca una poltrona in patria, la trovano in Europa per se stessi, parenti, amici, amanti, con un giro immenso di possibilità e libero da ogni controllo.
Non c’è praticamente nessuno dei politici oggi sulla scena che non sia stato parlamentare europeo: Napolitano, Bonino, Monti, Prodi, Letta, Rodotà, Bersani, Cofferati e tanti altri ancora, con un ricchissimo stipendio e benefici neppure immaginabili  per i comuni lavoratori. Essere parlamentare europeo significa anche impiegare il poco tempo passato a Bruxelles a tessere i legami e scambiare i favori utili per la futura carriera in patria, godendo anche alla fine di questi ben cinque anni di dura fatica, di una cosa strabiliante: la pensione per tutta la vita.”


In un suo recente intervento ha affermato che non c’è nessuna luce al termine del tunnel della crisi. Il tunnel è dunque la realtà alla quale dobbiamo abituarci?
“Sì, il tunnel è la realtà. Non dobbiamo abituarci, però, anzi: dobbiamo guardarla in faccia come realtà. Niente di ciò che dicono i politici prospettando un futuro miglioramento nel campo economico è vero e realizzabile, perché non possiamo fabbricare la moneta, come fa ogni Stato sovrano (Come fanno in questi giorni il Giappone e l’America per esempio – ndr). Una moneta uguale fra paesi diversi è una tale aberrazione che non è possibile credere a un errore compiuto dai tanti esperti banchieri ed economisti che l’hanno creato, fra i nostri Ciampi e Prodi. E’ stato fatto volutamente per giungere a una distruzione.”

Per distruggere cosa?
“L’introduzione dell’euro ha sferrato il colpo di grazia all’economia degli Stati. Se viceversa si fosse trattato davvero di un errore, allora perché, invece di metterli alla gogna, continuiamo a farci governare da quegli stessi banchieri ed economisti che non sopportano la minima critica all’euro? Dunque la situazione economica continuerà ad essere gravissima e il solerte Distruttore si prepara a consegnarci all’Europa sostenendo che mai e poi mai potremo mancare agli impegni presi e che per far funzionare l’euro bisogna unificarsi sempre di più.
Questa è la meta cui si vuole giungere. Visto che la moneta unica non funziona, perché sono diverse le produzioni dei singoli Stati, cambieranno forse queste produzioni unificando le banche e le strutture economiche? Bisogna farsi prendere per imbecilli non reagendo a simili affermazioni. L’unica possibilità che abbiamo per salvarci è che sorga qualcuno in grado di organizzare una forza contraria. Io non lo vedo, ma lo spero. Lo spero perché l’importante è aver capito, sapere quale sia la verità, guardare in faccia il nostro nemico sapendo che è ‘il nemico’.”

In Italia, come in altri paesi colpiti da questo nuovo assetto di mercato che tanti chiamano crisi economica, spesso il suicidio è visto come una soluzione. Come si spiega antropologicamente che è meglio morire invece di ribellarsi?

“La spiegazione si trova in quello che ho detto: i governanti ci vogliono uccidere, lavorano esclusivamente a questo scopo, obbligandoci a fornire loro le armi per eliminarci il più in fretta possibile. Questo è il ‘modello culturale’ in cui viviamo. In base alla corrispondenza e l’interazione fra modello culturale e personalità individuale, chi più chi meno, tutti gli italiani percepiscono il messaggio di condanna a morte che i governanti hanno stabilito per noi in ogni decisione che prendono, in ogni discorso che fanno, in ogni persona che scelgono, in ognuno dei decreti, delle leggi che emanano e delle tasse che impongono.
E tuttavia non se ne può parlare: la condanna a morte è chiara ma implicita, sottintesa, segreta, nascosta perché ovviamente l’assassinio individuale così come il genocidio di un popolo, è un delitto e non si può accusarne il governo, il parlamento, i partiti: nessuno. E’ questo il motivo per il quale ci si uccide: l’impossibilità a parlarne, a dirlo chiaramente perfino a se stessi, a fare qualsiasi cosa per evitarlo e ad accusare il proprio ‘padre’.
Neanche Shakespeare sarebbe stato in grado di descrivere la tragedia che stiamo vivendo, per la quale stiamo morendo. Qualcuno riesce forse a rendersi conto di che cosa significhi eliminare volontariamente i ‘bianchi’, la civiltà europea, invece che tentare di allontanare il più possibile questa fine, di imprimere nella storia lo sforzo per la salvezza? Qualcuno riesce a concepire un delitto più nefando di questo: che si siano assunti il compito di agevolare  questa morte soprattutto gli italiani, i governanti italiani, quando viceversa avrebbero dovuto essere loro a impedirlo, a voler conservare il più possibile l’immensa Bellezza che gli italiani hanno donato al mondo?”

Fonte: www.gamerlandia.net

lunedì 10 giugno 2013

Dalla "trattativa" al caso Moro, quanti imbonitori del banale venerati come oracoli. Il dramma di un Paese senza verità condivise. (di Giuliano Ferrara)

Riprendiamo un bell'articolo di Giuliano Ferrara uscito domenica 9 giugno su "ilGiornale" che ci offre un punto di vista alternativo a quello "ufficiale" sui cosiddetti "imbonitori del banale" e le loro bufale.

Saviano gran sacerdote delle bufale di Stato
Dalla "trattativa" al caso Moro, quanti imbonitori del banale venerati come oracoli. 
Il dramma di un Paese senza verità condivise.


Già il fatto che questa creaturina artificiale dei media, questo profeta del banale di nome Roberto Saviano, abbia ricevuto, senz'arte né parte, la cittadinanza onoraria di Firenze, manco fosse un

La Pira o figlio d'altra schiatta di santi, la dice lunga; ma che poi l'abbia «dedicata a tutti coloro che non possono averla», è uno sberleffo all'intelligenza, all'ironia, al senso della realtà.

Una massa di diseredati che si vedono sottratto il diritto alla cittadinanza onoraria di Firenze, ma che idea di tronfia stupidità. Si agghindano di onorificenze monologhi sul crimine che fanno venire voglia di diventare criminali.

Avendolo conosciuto fin troppo, i lettori hanno abbandonato Saviano, gli preferiscono perfino Dan Brown (figuriamoci!), si sono dimezzati gli acquirenti delle sue maniacali rassegne estasiate del male sociale (e Gomorra e la Cocaina, e arriverà spero presto la tratta degli schiavi). A Saviano è andata con le copie come è avvenuto con il dimezzamento delle rendite elettorali destinate a Grillo, fenomeno parallelo e quasi altrettanto banale nello star system dei derelitti di successo, quelli che non hanno niente da dire ma lo dicono con gratificante assiduità e raccogliendo consenso. Offrono al gentile pubblico la possibilità di essere o di pensarsi buono, educato, umanitario, molto impegnato nella lotta al crimine, ma alla fine raccolgono dolenti sbadigli come tutti gli impostori e gli imbonitori.

L'ultimo ritrovato dei ciarlatani è in fatto di mafia il dire perentorio che il governo, e quale governo non importa, «è immensamente assente dalla lotta alla mafia». Così parlò lo Zaratustra di Casal di Principe. Immensamente, capite? Assente, capite? Ora è noto che Falcone fottè la cupola con un processone reso possibile dai soldi del governo appositamente stanziati con decreti legge e dalle leggi sui pentiti e sulle procedure sommarie di dibattimento definite dal Parlamento e dalla sua maggioranza governativa all'esclusivo scopo di stroncare con ogni mezzo la cupola di Cosa nostra; è noto che Mori, un carabiniere agli ordini del governo, arrestò Salvatore Riina; è stranoto che in seguito, non importa quale fosse il governo o il ministro dell'Interno, Napolitano o Maroni o Pisanu o altri, un incredibile numero di mafiosi residui, tra i quali Binnu Provenzano detto U Tratturi, sono stati arrestati, processati e condannati; si sa che le finanze mafiose sono state in parte cospicua confiscate e affidate al volontariato antimafioso; non è ignoto che un numero grande di consigli comunali è stato amministrativamente sciolto dal governo, quale che fosse il suo colore politico; abbiamo visto tutti che la retorica dell'antimafia, anche con tutti i suoi pigri e fanatici risvolti savianei, percorre indefessa le onde radio e quelle televisive, tanto che un calunniatore e pataccaro come Massimo Ciancimino è stato usato da Antonio Ingroia, manco fosse un educatore «icona dell'antimafia», prima per istruire con l'aiuto dei talk show un processo ad alta intensità emozionale contro uno Stato colluso che palesemente non esiste, infine per imbastire una candidatura sfortunata alle elezioni politiche in nome della rivoluzione civile e della grottesca agenda rossa. Falcone morì ammazzato dalla mafia che era il primo funzionario di un ministero della Giustizia gestito nientemeno che da Claudio Martelli, sotto il segno di Giulio Andreotti presidente del Consiglio, e i suoi assassini sono stati processati, condannati tutti, mentre lo Stato è così tollerante da lasciare che si dica e ridica, magari perfino nelle procure, che ogni volta che un crimine è sanzionato manca sempre qualcosa, c'è un mandante che è sempre esterno, sempre politico, così tanto per fare la nostra parte alla Ferdinando Imposimato, il Dan Brown de' noantri.

Detto tutto questo, uno va a Firenze, e vede un giovane scrittore vestito di nero come Juliette Greco che fa un monologo sulla immensa distanza del governo dalla lotta alla mafia, manovrato come un burattino e rovinato dai pupari editoriali e politici che tirano i suoi fili. Ma che spettacolo abnorme, che gusto horror della scena pubblica, che mancanza di spirito e di senso comune. Da Saviano si passa appunto, via radio, Radiouno, alla predicazione di un Imposimato. Ho appreso venerdì scorso, in un tranquillo pomeriggio di interviste da cani, che uno studente sovietico ha seguito e pedinato per mesi Aldo Moro, alla vigilia del suo rapimento, che a fare fuori lo statista democristiano è stato il Kgb e non le Brigate rosse come credevamo noi (ma non erano gli amerikani? Non era Kissinger il grande sospettato fino a ieri?), e dulcis in fundo che il Papa sbaglia quando dice al fratello di Emanuela Orlandi che lei è «in cielo», manco per idea, lei è viva e vegeta e ha avuto una storia d'amore con il suo rapitore, dice sicuro Imposimato, chissà dove consuma il suo matrimonio, del quale naturalmente è responsabile di nuovo il Kgb, l'orco delle favole che non prevedeva il lieto fine. Ma via, si può tenere insieme un Paese così immensamente lontano da un criterio minimo, elementare di verità, come dicono i pigri, condivisa?

fonte: ilgiornale.it

lunedì 3 giugno 2013

Il freddo fuori stagione gela i catastrofisti 'effetto serra'.

Il freddo fuori stagione gela i catastrofisti 'effetto serra'
  di: Franco BATTAGLIA    


Un maggio così è raro ma non eccezionale. E lo stop al Giro d'Italia era già avvenuto due volte negli anni Ottanta. Ma gli allarmismi fanno presa.

Come disse quello, per cadere in rovina il modo più veloce è coi cavalli, quello più piacevole con le donne, quello più sicuro con gli esperti. Alla larga da costoro. Con eccezione di quelli sul clima: non ci fossero bisognerebbe inventarli. Per il sollazzo generale.

Tra questi, accanto ad una ristrettissima minoranza di stimati professionisti, immancabilmente geologi o fisici - come Uberto Crescenti, ex-Rettore dell'università di Chieti o Fabio Malaspina, fisico dell'atmosfera e colonnello dell'aeronautica - v'è una pletora di curiosi individui che indisturbati si millantano esperti in climatologia. E riscuotono pure credito.

Ogni città ha il proprio esperto, come ogni villaggio ha il suo scemo. Nella mia, Modena, ce n'è uno che ha il diploma di scuola media ma viene chiamato professore, anche se in fatto di clima e di meteo non ne azzecca una. A Milano ce n'è un altro che dice di essere anch'egli professore, al Politecnico nientemeno, ma non si capisce chi gli abbia conferito il titolo: se cercate tra i dati del ministero dell'università la sua qualifica, non trovate neanche il suo nome, cioè all'università è un nessuno. Che però si diverte indisturbato in un suo demenziale blog a insultare un giorno Franco Prodi, luminare italiano di fisica dell'atmosfera, un altro giorno Richard Lindzen, dell'Accademia nazionale delle scienze americana, entrambi rei di mettere in cartesiano dubbio la favola del riscaldamento globale causato dall'uomo.A Firenze hanno Maracchi, che professore lo è veramente, ed è anche Accademico della Vite e del Vino. Che non è un titolo fuori posto, ché il professor Maracchi s'è laureato in Agraria. Come laureato in Agraria è il massimo esperto di clima di Fabio Fazio, quello di Raitre.

Per qualche misteriosa ragione, millantarsi ed essere accreditati esperti in scienza del clima - disciplina peraltro complicatissima di cui solo se sei fisico o geofisico riesci a venirne a capo - sembra essere un gioco da ragazzi. Come mai? È un mistero. Tutti costoro sono però accomunati dalla circostanza di dichiararsi asserviti al luogo comune che vuole le attività umane causa dei capricci del clima. Ove per attività umana s'intende le emissioni di CO2. La cosa fa molto piacere ai tanti che cercano di vendere attività a zero-emissioni - che è un poco come pretendere di vendere benzine che non bruciano o lozioni che fanno crescere i capelli. E sono proprio costoro che pompano i loro utili idioti e li chiamano professori. La cosa ha un lato tragico: hanno promesso per anni la green-economy e la creazione di milioni di posti di lavoro, ci hanno imposto di dar loro credito, ed eccoci qua, in piena recessione.

Per fortuna la cosa ha anche il suo lato esilarante, e ce ne compiacciamo. Ad esempio, come dimenticare i fessi col botto che nel dicembre 2009, a Copenhagen, imbacuccati come orsi polari e sommersi da metri di neve, protestavano contro il riscaldamento globale? O La Stampa che scriveva il 3 gennaio del 1981, in prima pagina, a firma di un perito elettrotecnico riciclatosi come esperto (e te pareva) meteorologo (e sul cui nome stendiamo il proverbiale velo): «Nel 2000 non vedremo più la neve». O il Corsera che non rinuncia a pubblicare gli strali contro il riscaldamento globale del politologo, riciclatosi (e te pareva) climatologo, Giovanni Sartori; che almeno ha avuto l'accortezza di stramaledire il caldo ogni ferragosto di ogni anno, cioè come facciamo tutti.

Per sconfessare gli esperti è troppo facile partire dal freddo di questi giorni con le relative grida sul «maggio più freddo della storia». Secondo il professor Giampiero Maracchi, «non ha avuto uguali per almeno due secoli». In realtà, bruschi ritorni di freddo nella metà di maggio sono ben noti alla tradizione popolare, che chiama di ghiaccio i santi Mamerto, Pancrazio, Servazio, Bonifacio di Tarso e Sofia. Addirittura era l'8 giugno del 1956 quando il Giro d'Italia si concluse sotto una fitta nevicata e la stampa titolò «uragano sulle Dolomiti».

E lo stop al Giro per maltempo che tanto ha fatto parlare in questi giorni si è ripetuto già nel 1984 e nell'88. Prendeteli a ridere, questi esperti. E leggete, piuttosto, Da Okeanos a El Niño (Bruno Mondadori editore) di Renzo Mosetti, fisico di prim'ordine e Direttore del Dipartimento di Bio-oceanografia dell'Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica di Trieste. Scoprirete in modo fantastico come distinguere la scienza dal mito.




tratto da www.ilgiornale.it

sabato 1 giugno 2013

#Lavoro impossibile: «Il problema non sono i soldi, ma la speranza». Lettera di un parrucchiere che voleva “stare tranquillo” col fisco.

Dopo la testimonianza dell'artigiano che abbiamo proposto qualche giorno in cui raccontava le sue incredibili quotidiane traversie burocratiche per riuscire semplicemente a lavorare. Oggi proponiamo una lettera di un altro piccolo imprenditore (da Tempi) che voleva fare le “cose regolari”, ma che lo Stato tratta come un “presunto evasore”.

Carissimo direttore,
Sono titolare, ahimè, di una parrucchieria da 30 anni. Ho scelto di fare questo lavoro per amore e passione ed ho anche ottenuto un discreto successo. Questo bellissimo lavoro mi ha dato modo di mantenere una famiglia, di pagare il mutuo della casa, prima, e quello del negozio, poi. Faccio una sola settimana di ferie all’anno ma non mi lamento… anzi ringrazio Dio di tanta Grazia.
Da tempo ho deciso di non evadere sulla ricevute per potere “stare tranquillo”. Anche se so che quelli che non hanno mai avuto un’attività con collaboratori assunti non capiranno, posso dire che la tranquillità l’ho persa proprio a causa di questa scelta e del fisco che dice di voler essere mio amico. Ho avuto 5 controlli “normali” in tre mesi, tutti con esito negativo; infatti mi ritrovo senza un euro in tasca a fronte di un incasso più che soddisfacente, e la prego di credermi se le dico che non faccio assolutamente, né io né i miei, una vita dispendiosa, anzi.
Per la prima volta dal 1983, quest’anno sono indietro con i pagamenti dell’Iva (aumentata dell’1 per cento) e dei MIEI contributi Inps (aumentati del 8.5 per cento, ottoemezzo!). Quelli dei collaboratori sono riuscito a pagarli utilizzando lo scoperto di conto.
La cosa che mi ferisce maggiormente è vedere l’arroganza degli addetti ai controlli che ti considerano un evasore a prescindere; un “colpevole” da stanare. Le norme della Asl sono talmente scritte male che, le giuro, se vado a chiedere (come è successo) informazioni a tre addetti ricevo tre interpretazioni diverse (e tutte con minaccia di multa se non eseguo gli ordini).
Ora vengo a sapere che le lame con le quali sfiliamo i capelli sono considerate rifiuto speciale e quindi, con un modica spesa di 400 euro l’anno, dovrò chiamare uno smaltitore ufficiale, solo dopo essermi dotato di una pennetta Usb fornitami dal servizio igiene sulla quali inserire tutti i dati dei rifiuti “altamente tossici” che posso produrre tagliando, o al massimo colorando, i capelli. Questa pennetta è fornita al prezzo di saldo di 150 euro (una tantum però!).
Se voglio proteggere la mia vetrina dal sole devo (e lo faccio) sborsare 528 euro l’anno per la tenda da esterno che, proiettando un’ombra sul marciapiede, produce un’occupazione di suolo pubblico (sic!) sulla quale si paga una tassa. Consideri comunque il fatto che sono fortunato in quanto nel mio lavoro si riscuote subito! Altrimenti…
Io non desidero fare nessuna difesa dell’evasione fiscale, ma sinceramente penso che prima di parlare di lotta all’evasione si dovrebbe parlare di una riforma generale del fisco. La pressione fiscale REALE di una piccola impresa varia dal 67 al 70 per cento (dati ufficiali) altro che 48 (magari!).
Sono sinceramente pentito della mia scelta di denunciare tutto…
Lavoro 11 ore al giorno per 51 settimane l’anno eppure non riesco a uscirne fuori. Ho ridotto al massimo le spese del negozio e della famiglia (come tanti altri) ma non basta. È avvilente avere, grazie a Dio, il locale sempre pieno e sapere che per me non rimarrà LETTERALMENTE nulla o quasi. Ho paura di incappare in un controllo da redditometro perché si sa come funziona (e chi nega vuol dire che non sa come funziona un controllo approfondito dell’agenzia delle entrate), una multa te la becchi comunque. Loro ti contestano e tu devi dimostrare (da presunto colpevole) che non è come loro suppongono. Allora, nel caso potessi spendere, me ne guarderei bene dal farlo.
Il mio non vuole essere un lamento; io non sono “disperato”. Se penso a chi un lavoro lo ha perso ed il mutuo invece è ben presente ecc… No. Io sono avvilito per come lo Stato mi costringe a lavorare, per come mi tratta (un vacca da mungere, e pure con arroganza); sono avvilito perché probabilmente a luglio dovrò chiedere un prestito per pagare le tasse e l’Imu sul locale (è triplicata).
Tornassi indietro me ne guarderei bene dal fare una scelta “di coscienza” sperando che, pagando, tutti avremmo pagato meno. Si vede bene dove finiscono i nostri soldi… altro che riduzione delle tasse.
Dopo trent’anni mi trovo di fronte ad un bivio: continuo a farmi il mazzo per nulla o magari licenzio l’ultimo assunto (che però mi è utilissimo).
Sono arrivato a questa conclusione: Un mio ex collaboratore, anni fa, è andato in Inghilterra per frequentare un’accademia e poi là (beato lui) è rimasto. Mi ha proposto di andare in quel paese (dove addirittura un parrucchiere può affittare una postazione lavoro a chi ne ha – come me – i requisiti) e lavorare di nuovo con lui e magari aprire un locale più grande (basta un permesso e 2 giorni).
Non c’è bisogno di “fare nero” perché Sua Maestà i suoi sudditi li fa campare, e se hanno, come me qui, tanto lavoro, li fa campare pure bene. Complice il costo Low dei trasferimenti aerei e considerato il fatto che ho un figlia che sta finendo la seconda media, mi farò un annetto di pendolare, tanto per sistemare le cose (con la lingua, grazie ai miei ex prof, me la cavo bene) poi mi trasferirò con tutta la baracca.
La cosa tragica sa qual è? Che il mio principale collaboratore, viste le spese, non ne vuol sapere di prendersi l’attività che lascerò qui in Italia, e non creda che gli chiedo una cifra enorme. Il problema non sono i soldi, ma la speranza. Ecco la vera tragedia: l’aver tolto ad un 24enne bravissimo, che potrebbe economicamente e tecnicamente avere qualcosa di suo nel suo paese, la speranza di poter fare il lavoro che si ama in tranquillità sapendo che ci può star bene.
Me ne andrò, porterò via le figlie da questo paese dove chi lavora rischia il “carcere” e chi delinque, chi non paga, viene protetto da mille cavilli e lentezze. Mai avrei pensato di dire a giovani che frequentano il mio negozio: “andatevene”, ma purtroppo è così ed il primo a farlo sarò io.
Ho cominciato da zero una volta e saprò farlo di nuovo, l’unica cosa che non mi deve mancare è la Speranza.
Chiedo scusa per la poca chiarezza, ma i miei limitati studi non mi permettono di far meglio.


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