martedì 4 maggio 2010

Non era degno di vivere?

Non è la prima volta che succede in Italia, ma il caso ha comunque dell'incredibile. Nell'ospedale di Rossano (Cosenza) sabato 24 aprile un feto di 22 settimane viene abortito in sala operatoria ed eliminato con il normale materiale biologico. Il cappellano della struttura sanitaria, don Antonio Martello, l'indomani mattina si reca come di consueto nel reparto di maternità per pregare sui feti abortiti e si rende conto che uno di questi, di proporzioni più grandi, si muove. Avverte prontamente i sanitari, che tentano una disperata rianimazione per trasportarlo subito dopo nel reparto di neonatologia dell'ospedale dell'Annunziata di Cosenza, dove vengono tentate cure estreme ma senza successo: il bimbo muore infatti lunedì mattina.

Don Antonio Martello, è uomo di poche parole. «È la prima volta che mi capita una cosa del genere. Faccio il cappellano da trent'anni, da circa sette in questa struttura». Un'esperienza che l'ha toccato nel profondo: «Stavo pregando, di fianco alla sala parto. Ho visto un lenzuolino muoversi, l'ho alzato e sotto c'era un piccolo neonato, vivo. Ho dato l'allarme, ho chiamato il medico di guardia e si sono subito messi in moto i soccorsi». Della responsabilità, di chi non ha agito per ore, non dice: «C'è un'indagine in corso, se na sta occupando la magistratura. Io ho fornito la mia deposizione».

Cosa ne pensa la Chiesa del caso del bimbo lasciato morire dopo l'aborto a Rossano e scoperto casualmente da un sacerdote? Dopo la netta presa di posizione di Monsignor Santo Marcianò, anche Monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, non ha fatto mancare un suo commento ribadendo a Radio Vaticana che «se un feto abortito resta vivo si è obbligati a farlo vivere». Secondo Sgreccia «quello che vale di fronte alla vita umana, di fronte alla coscienza, di fronte a Dio, è che una persona che nasce o che addirittura è già fuori dell'utero materno e si dimostra di essere vitale, deve avere tutto il soccorso per essere accompagnato».


Maria Luisa Di Pietro, professore associato di Bioetica all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, precisa: «Puntualizziamo in primo luogo che nessun aborto è in sé “terapeutico”: l’aborto non può essere una terapia».

La Procura ha aperto un’inchiesta e l’opinione pubblica griderà allo scandalo e all’orrore per questo caso. Ma è necessario sapere che casi del genere succedono di frequente. Proprio così.

Una gravidanza regolare dura quaranta settimane, per cui se un feto viene abortito oltre la metà delle settimane di gestazione, ma spesso anche prima, è molto probabile che nasca vivo. Anzi molto spesso nasce vivo. In sala operatoria il medico abortista consegna il feto abortito, a cui non viene legato il cordone ombelicale per accelerarne la morte, né viene riservata alcun tipo di assistenza, ad un’infermiera che lo avvolge in un fagotto di garze, appunto, e lo pone su un tavolino lì vicino, mentre le attenzioni di tutti i presenti si concentrano nuovamente sulla donna adulta e viva, che ha appena partorito, spesso in anestesia, mentre il feto appena nato viene abbandonato in solitudine al suo destino, che è appunto quello di essere stato abortito. Nessuno dell’équipe medica e infermieristica operativa e in nessun modo ha l’autorizzazione, il compito, e la facoltà di sopprimere il feto nato vivo, né di accelerare la sua fine, per cui si attende, lasciandolo senza assistenza medica né assistenza terapeutica, che la vita, o la morte, faccia il suo «naturale» decorso.
Molte volte, come nel caso di Cosenza, un feto, anche se malformato, può resistere in vita anche diverse ore, con grande disagio ed imbarazzo del personale infermieristico che non può interrompere il servizio, né rendere agibile la sala operatoria per un altro intervento, prima che tutto il precedente sia compiuto e che la procedura sanitaria successiva sia terminata e certificata.
Non c’è nemmeno una norma o legge che impegni il personale sanitario a monitorare il feto che nasce vivo, o a praticare su di lui alcunché, anche perché il medico che interrompe la gravidanza è abilitato appunto all’esecuzione dell’aborto, e quindi alla eliminazione definitiva del feto stesso.
Coloro che parleranno di questo caso come «caso raro», mentono o non conoscono, o non hanno mai frequentato le sale ginecologiche né le sale operatorie, in genere allestite per la salvaguardia e la tutela della vita umana, ma talvolta adibite a scopi opposti.


Intanto cresce il fermento sul fronte legislativo, come riporta il Movimento per la vita. Verrà discussa oggi in commissione al Senato la legge sulle cosiddette "ruote degli innocenti" per permettere l'abbandono in sicurezza dei neonati. Carlo Casini, presidente del Mpv, commenta positivamente l'iniziativa al Corriere della Sera: «Siamo favorevoli alla proposta ma non diamola come novità. Fin dal 1995 il Movimento per la vita sta aprendo, da solo o insieme ad altre associazioni, quelle che chiamiamo "Culle per la vita", simili alle vecchie ruote, ma meglio garantite dal punto di vista della sicurezza e della salute dei bambini».


Le 33 Culle già presenti in 32 città italiane, tra cui Roma, Palermo, Firenze, Milano, Torino (qui il Mpv ne ha una da due anni: cell. 348.89.66.538) e Napoli sono utili, secondo Casini, «per situazioni estreme in cui una donna ha paura di recarsi in ospedale perché non vuole essere riconosciuta, anche se la legge le garantisce l’anonimato. Esse servono a ricordarci che i bambini non si buttano via e che la società è pronta ad accoglierli se i genitori non si sentono capaci di mantenerli ed educarli».

Il numero verde 800.81.30.00 del Movimento per la Vita, funzionante 24 ore su 24 ogni giorno dell’anno e denominato SOS VITA, è un sicuro riferimento per tutte le mamme che si trovino in difficoltà per una gravidanza difficile o non desiderata.




Come commentare questo orrore? Mi affido a madre Teresa di Calcutta «Poiché chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo e il più misero della razza umana, e la sua stessa vita dipende dalla madre -dipende da te e da me - per una vita autentica. Se il bambino non ancora nato dovesse morire per deliberata volontà della madre - che è colei che deve proteggere e nutrire quella vita - chi altri c'è da proteggere? Questa è la ragione per cui io chiamo i bambini non ancora nati "i più poveri tra i poveri". Se una madre può uccidere il suo stesso figlio nel suo grembo, distruggere la carne della sua carne, vita della sua vita e frutto del suo amore, perché ci sorprendiamo della violenza e del terrorismo che si sparge intorno a noi? L'aborto è il più grande distruttore di pace oggi al mondo -il più grande distruttore d'amore». Madre Teresa, 31/5/1992.

25 APRILE 2010 MEDJUGORJE

Messaggio di Medjugorje


25 Aprile 2010

"Cari figli, in questo tempo quando in modo particolare pregate e chiedete la mia intercessione, vi invito figlioli, pregate perchè attraverso le vostre preghiere possa aiutare quanti più cuori possibili ad aprirsi ai miei messaggi. Pregate per le mie intenzioni. Io sono con voi e intercedo presso mio Figlio per ciascuno di voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------

Messaggio a Mirjana


2 Maggio 2010

“Cari figli, oggi il Padre buono attraverso di me vi invita affinché con l’anima colma d’amore vi incamminiate nel cammino spirituale.Cari figli, riempitevi di grazia, pentitevi sinceramente per i peccati e bramate il bene. Bramate anche a nome di coloro che non hanno conosciuto la perfezione del bene. Sarete più cari a Dio.
Vi ringrazio”.

sito internet

Twitter del Viandante

 
Photography Templates | Slideshow Software