giovedì 20 novembre 2014

Il cancro è questione di cellule Ma l'universo è la prova di Dio. Antonino Zichichi risponde ad Umberto Veronesi.

«Dopo Auschwitz, il cancro è la prova che Dio non esiste?». Lo sostiene Umberto Veronesi nel suo ultimo libro «Il mestiere di uomo». Ma ora a rispondergli è Antonino Zichichi, fisico e presidente Wfs (World federation of scientists).

Il cancro è questione di cellule 
Ma l'universo è la prova di Dio.

Auschwitz e cancro sono tragiche realtà, 
ma dietro a stelle e galassie c'è una logica. 
E quindi un autore. 
(di Antonino Zichichi)

L'oncologo così racconta il suo progressivo allontanamento: «Non saprei dire qual è stato il mio primo giorno senza Dio. Sicuramente dopo l'esperienza della guerra non misi mai più piede in una chiesa, ma il tramonto della fede era iniziato molto prima (...)».

A 18 anni andò in guerra. «(...) oltre alle stragi dei combattimenti, ho toccato con mano anche la follia del nazismo e non ho potuto non chiedermi, come fece Hannah Arendt prima e Benedetto XVI molti anni dopo: “Dov'era Dio ad Auschwitz?”». E infine l'incontro con la tragedia del cancro: «Allo stesso modo di Auschwitz, è diventato la prova della non esistenza di Dio. Come puoi credere nella Provvidenza o nell'amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi?».

Alle nove del mattino del giorno dedicato alla celebrazione di tutti i Santi (primo novembre 1755), il terrore si abbatté sulla splendida e ricca capitale del Portogallo. Una serie di scosse telluriche seguite da inondazioni e incendi devastarono la splendida Lisbona: diecimila i morti e tre quarti delle case distrutte. La catastrofe sconvolse l'Europa e Voltaire concluse che questa era la prova della non esistenza di Dio.

Nel secolo scorso, la follia politica ha causato milioni di vittime innocenti. Auschwitz e cancro sono due esempi di tragiche realtà. Una dovuta alla follia politica del nazismo, l'altra alla natura. Perché Dio non interviene per evitare il ripetersi di tante tragiche realtà? Nel secolo in cui viviamo, la potenza distruttiva nelle mani dell'uomo potrebbe cancellare qualunque segno di vita su questo piccolo e indifeso satellite del Sole. Chi osservasse da una lontana galassia questa nostra navicella spaziale e ciò che in essa accade, dovrebbe concludere che la Terra deve produrre facilmente più esplosivi che cibo. Per ciascun abitante ci sono infatti migliaia di chili di potenza esplosiva e mancano quelle poche centinaia di chili di cibo per evitare che milioni di persone - ancora oggi - muoiano per fame.

Come se non bastasse, la potenza del calcolo elettronico è tale da poter mettere sotto controllo un numero di persone superiore a quello di tutti gli abitanti della Terra.

Come la mettiamo con l'esistenza di Dio?

Se la nostra esistenza si esaurisse nell'immanente, il discorso sarebbe chiuso qui. Immanente vuol dire tutto ciò che i nostri cinque sensi riescono a percepire. Questi nostri cinque sensi sono il risultato dell'evoluzione biologica. C'è però un'altra forma di evoluzione che batte quella biologica: l'evoluzione culturale. L'evoluzione biologica della specie umana non avrebbe mai portato l'uomo a scoprire se esiste o no il supermondo, come facciamo al Cern. Né a viaggiare con velocità supersoniche. Né a vincere su tante forme di malattia che affliggevano i nostri antenati. La nostra vita media ha superato gli 80 anni e le previsioni vanno oltre i cento anni, grazie alla scoperta che il mondo in cui viviamo è retto da leggi universali e immutabili. Nel «libro della natura», aperto poco meno di quattro secoli fa da Galileo Galilei, mai una virgola è stata trovata fuori posto.

La speranza all'uomo del terzo millennio, solo la scienza e la fede possono darla. Questa speranza ha due colonne. Nella sfera trascendentale della nostra esistenza la colonna portante è la fede. Nella sfera immanentistica della nostra esistenza la colonna portante è la scienza.

Noi siamo l'unica forma di materia vivente dotata della straordinaria proprietà detta ragione. È grazie a questa proprietà che è stata inventata la memoria collettiva permanente, meglio nota come scrittura. È così che possiamo sapere cosa pensava Voltaire sulla catastrofe naturale che distrusse Lisbona. Ed è sempre grazie alla scrittura che i nostri posteri potranno sapere cosa stiamo facendo noi avendo a disposizione la logica rigorosa teorica (meglio nota come matematica) e la logica rigorosa sperimentale (meglio nota come scienza). La scienza ci dice che non è possibile derivare dal caos la logica che regge il mondo, dall'universo sub-nucleare all'universo fatto con stelle e galassie. Se c'è una logica deve esserci un Autore. L'ateismo, partendo dall'esistenza di tutti i drammi che affliggono l'umanità, sostiene che se Dio esistesse queste tragedie non potrebbero esistere. Cristo è il simbolo della difesa dei valori della vita e della dignità umana. Che sia figlio di Dio è un problema che riguarda la sfera trascendentale della nostra esistenza. Negare l'esistenza di Dio però equivale a dire che non esiste l'autore della logica rigorosa che regge il mondo. Tutto dovrebbe esaurirsi nella sfera dell'immanente la cui più grande conquista è la scienza.

La scienza però non ha mai scoperto nulla che sia in contrasto con l'esistenza di Dio. L'ateismo, quindi, non è un atto di rigore logico teorico, ma un atto di fede nel nulla.


Fonte: IlGiornale

lunedì 10 novembre 2014

La tragedia dei milioni di vittime mietuti dell'ateismo. Perché il Muro di Berlino non scompaia nel nulla.

La tragedia dei milioni di vittime mietuti dell'ateismo. 
Perché il Muro di Berlino non scompaia nel nulla.


Domenica 9 novembre si è celebrato il 25° anniversario dell’abbattimento del Muro di Berlino, quella “barriera della vergogna” che troppo a lungo è stato l’ignominioso simbolo dei crimini perpetrati in tantissimi luoghi del mondo dal comunismo al cuore del quale stava l’ideologia atea e violenta del marxismo-leninismo.

Le parole spese nell’occasione per ricordare il Muro sono state tante, tantissime. Non altrettante quelle spese per ricordare l’immenso tributo di sangue pagato da milioni e milioni di persone, talora ancora senza nome, sacrificate sull’altare del materialismo più bieco. Tra queste vittime innocenti, i cristiani in genere e i cattolici in specie sono sempre stati tra i primi.


Nel 2010, sul quotidiano vaticano L’Osservatore Romano don Jan Mikrut, docente nella Pontificia Università Gregoriana, firmava un articolo mirabile, dal titolo Le memorie senza volto del comunismo.

Mikrut era stato il responsabile dell'Ufficio cause di beatificazione dell'arcidiocesi di Vienna e il curatore della redazione del nuovo Martirologio della Chiesa austriaca per l'anno 2000 e la collaborazione col Comitato nuovi martiri, che si occupava di elaborare le statistiche dei martiri cristiani per il grande Giubileo. In questa veste aveva dunque avuto la possibilità di avere una visione mondiale delle persecuzioni del XX secolo.

Il suo articolo riletto oggi mette ancora i brividi, ed è un modo validissimo per non lasciare che il ritmo del calendario dissipi in noi il ricordo dei martiri del comunismo.

Scriveva don Mikrut:


«Nelle statistiche preparate della Commissione nuovi martiri per il Grande Giubileo del 2000 si contano 12.692 martiri, così ripartiti:  dall'Europa 8.670, dall'Asia 1.706, dall'Africa 746, dall'America del nord e del sud 333, dall'Oceania 126. Un gruppo particolare è dato dai 1.111 martiri dell'Unione Sovietica. Nella statistica della vecchia Europa si contano 3.970 preti diocesani, 3.159 religiosi e religiose, 1.351 laici, 134 seminaristi, 38 vescovi, 2 cardinali, 13 catechisti. In totale in Europa abbiamo avuto 8.667 testimoni di Cristo. Nel contesto mondiale tra i martiri si annoverano 5.173 preti diocesani, 4.872 religiosi e religiose, 2.215 laici, 124 catechisti, 164 seminaristi, 122 vescovi, 4 cardinali e 12 catecumeni.

«Il XX secolo è stato il periodo dei totalitarismi, delle due guerre mondiali, delle rivoluzioni, dei tragici genocidi e delle infinite persecuzioni religiose. Tra tutte le tragedie sopra accennate, la persecuzione più grande fu la battaglia organizzata contro il cristianesimo dal comunismo internazionale. Solo il Libro nero del comunismo curato da Stéphane Courtois offre una provvisoria statistica di 85 milioni di morti causati dal totalitarismo comunista.

«In Russia vivevano da secoli anche altre confessioni cristiane, oltre a ebrei e musulmani; ma chiunque non condividesse la nuova ideologia atea dei comunisti doveva essere allontanato con forza dalla società. Nascono così i cosiddetti Gulag, dal russo "Direzione principale dei campi di lavoro correttivi". Il numero di morti nei Gulag è ancora oggetto di indagine:  una stima provvisoria parla di tre milioni. L'incredibile persecuzione dei numerosi oppositori politici è ben nota anche grazie alle pubblicazioni scritte dagli stessi detenuti, il più famoso dei quali fu Aleksander Solzenicyn, che nel suo Arcipelago Gulag ha raccontato la tragedia dei detenuti, ha fatto conoscere la parola Gulag e l'esistenza stessa di questi campi. […]

«Dopo la fine della seconda guerra mondiale e la caduta del nazionalsocialismo, il sistema comunista trovò terreno fertile in Europa. Lo schema era ben collaudato:  la Chiesa cattolica con le sue strutture rappresentava il vecchio sistema da cui liberarsi; la religione fu declassata a strumento di manipolazione da parte dei preti e delle loro istituzioni. Il nuovo sistema ateo doveva liberare la società dall'influenza della Chiesa. Il marxismo-leninismo diventa il nuovo sistema politico-economico. Nel 1945 l'esercito russo liberò dal nazionalsocialismo tedesco grandi territori dell'Europa:  Albania, Austria, Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania, Polonia, Romania, Ungheria. Nei Paesi dove i precedenti governi erano nazionalsocialisti come Austria, Germania, Slovacchia e Ungheria l'Armata rossa entrò come il vincitore con il diritto del bottino di guerra.
Moltissime furono le vittime di queste rappresaglie e tra queste numerosi sacerdoti e suore. Per l'esercito russo anche i rappresentanti della Chiesa furono responsabili delle tragedie causate dai nazionalsocialisti e per questo molti sacerdoti uccisi nei primi giorni dopo la liberazione furono dichiarati pericolosi nemici del comunismo.  […]

«L'Albania fu il primo Paese europeo a dichiararsi ateo e a essere governato secondo l'ideologia comunista. Nel 1967 fu ufficialmente introdotto l'ateismo come fondamento per la vita della società e fu proibita ogni forma di culto religioso. Il governo dichiarò con orgoglio che l'Albania era diventato il primo Stato ateo del mondo. Nella nuova costituzione del Paese, approvata nel 1976, all'articolo 37 recitava "lo Stato non riconosce alcuna religione e sostiene la propaganda atea per infondere alle persone la visione scientifico-materialista del mondo". Il governo procedette alla confisca di moschee, chiese, monasteri e sinagoghe. Gli edifici di culto furono trasformati in musei o uffici pubblici, magazzini, cinema, stalle per animali. Ai genitori fu proibito dare ai figli nomi con riferimenti religiosi. In seguito furono uccisi a Tirana i primi due sacerdoti, Lazër Shantoja e Mark Gjani. Nel 1947 fu ucciso a Scutari il gesuita Ndoc Saraci. Un anno dopo, nel 1948, furono fucilati i vescovi Gjergj Volaj e Frano Gjini e, nel 1949, dopo terribili torture, morì in prigione l'arcivescovo di Tirane-Durrës Vincenz Nikollë Prennushi. Colpire duramente la comunità cattolica significava cancellare la lunga e tollerante tradizione del Paese per far posto alla nuova e aggressiva ideologia comunista. In Albania furono uccisi 5 vescovi, 60 sacerdoti, 30 religiosi francescani, 13 gesuiti, 10  seminaristi  e 8 suore. La lista non è  ancora  completa,  mancano  i  martiri laici uccisi durante il periodo comunista.

Tra le figure di spicco della resistenza religiosa va in primo luogo ricordato coraggioso padre Mikel Koliqi (1902-1997), creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 1994. Padre Mikel Koliqi era stato condannato ai lavori forzati già nel 1945, con la banale accusa di ascoltare le stazioni straniere della radio».

da «L'Osservatore Romano»

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