L'Italia che rifiuta la vita
di Carlo Tiagrandi

Riassumendo: secondo l’Istat, i nati, l’anno scorso, sono stati 509mila (5mila in meno rispetto ai 514.308 del 2013), a fronte di 597mila morti (4mila in meno del 2013); il numero medio di figli per donna, inoltre, è stato pari a 1,39 (e, come è noto, è 2 il minimo di figli per coppia necessario perché la popolazione non si estingua). Sono numeri che contengono gravi implicazioni. Bastano poche considerazioni per comprendere quelle più immediate di natura economica: il Paese sta invecchiando. E sta invecchiando male. È ancora l’Istat, nel suo rapporto annuale, a rilevare come nei prossimi 30 anni, se persisteranno le dinamiche attuali, assisteremo ad un radicale capovolgimento della piramide demografica: nel 2041, la proporzione di over 65 ogni 100 giovani con meno di 15 anni sarà più che raddoppiata, passando, al Sud, da 123 a 278, mentre al Centro-Nord da 159 a 242. Un problema serio, che metterà a repentaglio la sostenibilità, anzitutto, del sistema previdenziale, tenuto conto del fatto che, già oggi, l’Italia è il Paese europeo la cui spesa pensionistica è in assoluto la più alta (272,74 miliardi di euro nel 2013, pari al 16,85% del Pil).

Le radici del problema sono lontane e basti ricordare che, esaurito il fenomeno dei baby-boomer, attorno alla seconda metà degli anni ’70 le crescite sono calate drasticamente in coincidenza con l'introduzione della legge sul divorzio. Ma in questa fase incide non poco anche la crisi economica: le nascite erano calate progressivamente fino a giungere a 526mila unità nel 1995. Da allora, hanno ripreso a crescere per poi tornare a contrarsi dal 2008, anno di inizio della crisi che si è declinata in precarietà e incertezza nel futuro. La disoccupazione giovanile (pur essendo calata di ben un punto rispetto alla precedente rilevazione) si attestava, a dicembre, sul 43%, più del doppio della media Ue, mentre circa 7 milioni di lavoratori percepiscono mediamente meno di mille euro al mese.

C’è un dato macroscopico, originato da ragioni essenzialmente culturali e la cui correlazione con il calo delle nascite, curiosamente, non è stata rilevata da alcun istituto o osservatorio: nel 2013, secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, sono state notificate dalle Regioni 102.644 interruzioni volontarie di gravidanza. Certo, il calo delle nascite del 2014 non è un dato commensurabile con gli aborti prodotti nell’anno precedente; tuttavia, è sufficiente considerare i nati nel 2013 (514.308), i nati e le Igv (Interruzioni volontarie di gravidanza) del 2012 (rispettivamente, 534.186 e 107.192), per ipotizzare che, verosimilmente, il numero di Ivg del 2014 non si discosterà significativamente dall’anno precedente, ed ecco emergere un rapporto inquietante: negli ultimi anni, la proporzione tra aborti e nascite è stata (circa) 1 a 5.
Nel frattempo - perché è giusto parlare ancora di San Remo -, una famiglia con 16 figli viene sbeffeggiata dal pubblico in sala, mentre la drag queen barbuto Conchita Wurst è salutato come il nuovo eroe dei diritti civili.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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