L´islam bifronte di Tariq Ramadan. L´occidente terra di conquista,
La famiglia, i maestri, l´ideologia del più popolare intellettuale musulmano d´Europa. Una sfida per i cristiani. Il teologo Olivier Clément svela il pericolo
di Sandro Magister
Ramadan vive a Ginevra, dove è nato 42 anni fa. Ha studiato da imam al Cairo e, tornato in Svizzera, ha conseguito una laurea in letteratura francese e due dottorati, in islamologia e sul pensiero filosofico di Friedrich Nietzsche. Insegna alle università di Ginevra e Friburgo e per anni ha condotto suoi allievi in paesi del Terzo Mondo a fare pratica sul campo e a incontrare i teologi cattolici della liberazione e il Dalai Lama. Poi dal 1993 s´è dedicato con crescente intensità alla predicazione in Svizzera, Francia e Belgio con frequenti puntate negli Stati Uniti. È autore di una quindicina di libri: quello intitolato "Essere musulmano europeo", del 1999, è stato tradotto in 14 lingue. È ascoltato come esperto al parlamento europeo. È sposato, ha quattro figli. Negli ultimi mesi è stato accusato di antisemitismo. S´è scontrato duramente con intellettuali ebrei del peso di Bernard-Henri Levy, André Glucksmann e Bernard Kouchner. "Le Monde" e altri giornali importanti hanno pubblicato su di lui inchieste critiche. Ma per Ramadan tutto questo è la prova della giustezza delle sue posizioni e dell´innata ostilità dell´occidente all´islam.
Il fenomeno Tariq Ramadan non nasce nel vuoto. Il suo nonno materno, egiziano, è Hassan AlBanna, fondatore nel 1929 dei Fratelli Musulmani, la più importante corrente islamista del Novecento. Suo padre, esule a Ginevra, ne é stato uno dei più attivi prosecutori. E suo fratello Hani - col quale Tariq nega d´avere legami - dirige, sempre a Ginevra, un Centro islamico che è stata accusato di contatti con la rete terrorista di Al-Qaeda. Ma più che queste ascendenze famigliari, contano le prossimità ideologiche. Tariq Ramadan - agendo nel cuore stesso dell´occidente - intreccia l´islam politico con le critiche radicali della razionalità occidentale fatte da Nietzsche, da Heidegger, da Cioran, da Guénon, e poi dalle correnti neomarxiste e no global. Prima di lui altri intellettuali musulmani del Novecento hanno fatto lo stesso percorso, spesso studiando in università europee. Uno di questi è l´indiano Muhammad Iqbal, un altro l´iraniano Ahmad Fardid. Un discepolo importante di quest´ultimo, Djalal Al-e Ahmad, pubblicò nel 1962 a Teheran un saggio che anche nel titolo della successiva traduzione francese, "L´occidentalite", indicava proprio nell´occidente la malattia capitale dell´islam, sullo sfondo di una visione apocalittica e nichilista che già allora sembrava far presagire come sbocco l´iperterrorismo universalista di un Osama Bin Laden.
Ma un percorso ancor più simile a quello di Tariq Ramadan è di un altro egiziano, Hassan Hanafi. Anche lui frequenta i Fratelli Musulmani, anche lui studia i filosofi europei, anche lui viaggia tra il Cairo e Parigi, dove si ferma dieci anni alla Sorbona, anche lui visita e indaga gli Stati Uniti. Da preside della facoltà di filosofia dell´università del Cairo si scontra con gli ulema di Al-Azhar, che non ne condividono il radicalismo. E per Hanafi il nemico assoluto dell´islam è l´occidente. Ora dominato, come nei primi sette secoli dopo Maometto, quelli del primato musulmano nel mondo, ora dominante, come nei sette secoli successivi. Ma il XXI secolo è per lui quello della svolta, è l´inizio di un terzo settennato nel quale le parti di nuovo si invertiranno: "L´occidente inizierà la sua nuova decadenza e il mondo arabomusulmano la sua rinascita". Anche per Tariq Ramadan l´occidente è al tramonto. E nel vuoto spirituale lasciato da ebraismo e cristianesimo l´islam può entrare e vincere, non più subendo la modernità ma islamizzandola. Ramadan piace al pubblico occidentale perché la sua visione accoglie elementi di democrazia, di cittadinanza paritaria, di libera espressione. Egli polemizza sia con i musulmani secolarizzati sia con quelli che si separano in comunità chiuse. Annuncia la nascita di un islam pienamente europeo. E si avventura in questa lunga traversata armato della dottrina della taqiyya, ossia dell´arte della dissimulazione, tipica della pratica islamica in terra nemica.
In Italia, l´analisi più acuta di questa anima antioccidentale del pensiero musulmano è nel libro "L´islam globale" di Khaled Fouad Allam, algerino, professore di islamologia alle università di Trieste e di Urbino.
In campo cristiano, una voce critica che si è levata contro Tariq Ramadan è quella di Olivier Clément, teologo e intellettuale di fede ortodossa, che vive a Parigi. Quello che segue è parte di un articolo che Clément ha pubblicato sul numero di dicembre 2003 di "Vita e Pensiero", la rivista dell´Università Cattolica di Milano:
Attenti all´islam modello Ramadan
di Olivier Clément
Partendo dalla constatazione che il fulcro dei movimenti storici è costituito ai giorni nostri dall'insieme Europa-America del Nord, con i paesi musulmani relegati alla periferia, Ramadan nota come oggi però siano numerosi i musulmani, soprattutto gli intellettuali, che sono entrati a far parte di questo centro. Li invita dunque a rimodellarlo e, a poco a poco, a islamizzarlo: "Il riferimento all'ebraismo e al cristianesimo si sta diluendo, se non sta addirittura del tutto scomparendo" ("Les musulmans d´occident e l´avenir de l´islam", Actes Sud-Sinbad, 2003). "Solo l'islam può compiere la sintesi tra cristianesimo e umanesimo, e colmare il vuoto spirituale che colpirà l'occidente" ("Islam, le face à face des civilisations", Tawhid, 2001).
Ancora: "Il Corano conferma, completa e rettifica i messaggi che l´hanno preceduto" ("Les messages musulmans d´occident"). Alcune personalità cristiane la cui opera benefica non può essere misconosciuta - Madre Teresa, suor Emanuelle, l'Abbé Pierre, dom Helder Camara - sono eccezioni che mostrano solamente che tutti gli uomini perbene sono implicitamente musulmani, poiché il vero umanesimo ha fondamento nella rivelazione coranica. Così, sia direttamente sia attraverso la mediazione di questo umanesimo, la "Città musulmana" potrà instaurarsi sulla terra. "Oggi i musulmani che vivono in occidente devono unirsi alla rivolta degli ´altromondisti´ dal momento in cui, per l´islam, il sistema capitalista neoliberale è un universo di guerra [...]. La rivelazione coranica è esplicita: chi si occupa di speculazione o cura gli interessi finanziari entra in
guerra contro il trascendente" ("Pouvoirs", 2003, n. 164).
Tariq Ramadan poi insiste - giustamente - sulla ricchezza intellettuale forse troppo a lungo ignorata dei grandi pensatori musulmani come Al-Kindi, Al-Farabi, Avicenna, Averroè, ma si dimentica di situarli in rapporto al pensiero greco, ebraico e cristiano, e ce li presenta come la vera origine dell´umanesimo.
Jacques Jomier ha riassunto in modo efficace lo scopo che anima Tariq Ramadan: "Il suo problema non è modernizzare l'islam, ma islamizzare la modernità" ("Esprit et Vie", 17 febbraio 2000). Non ci si deve dimenticare che Ramadan è nipote di Hassan Al-Banna, il fondatore in Egitto del movimento islamista dei Fratelli Musulmani, un uomo che egli considera un eminente rappresentante dell´islam "riformista", capace di suscitare all´interno della modernità una cultura alternativa endogena" ("Peut-on vivre avec l´islam?", Favre, 1990). A suo avviso occorre evitare ogni forma di contrasto: intorno al 1995 Ramadan esaltava l'esperienza del Sudan di Hassan Al-Turabi. Oggi non è più così, (ma suo fratello Hani, che finanzia la casa editrice Tawhid, non ha queste riserve, che riguardano in particolare i processi e le sentenze contro le donne adultere in Nigeria). Tariq Ramadan preferisce appellarsi alla libertà di coscienza guidata dal giudizio che dona la rivelazione coranica. "Alcuni studiosi musulmani, con argomentazioni prese dal Corano e dalla Sunna, hanno proibito la musica e perfino il disegno e la fotografia (e dunque la televisione e il cinema). È un´opinione tra le tante, e come tale deve essere rispettata [...]. Ma altri, tra cui noi, dovrebbero determinare un approccio selettivo in questo campo, così come in altri" ("Les musulmans d´occident e l´avenir de l´islam"). Lo stesso si può dire riguardo alla questione del velo: bisogna lasciare alla donna la libera scelta, ma mostrandole il vero significato di essa.
Che fare di fronte a questa nuova situazione? [...] In Francia, dove la comunità musulmana è molto numerosa e dove le polemiche imperversano a destra come a sinistra, il parlamento è vicino a votare una legge che impedirà l'affissione di segni religiosi nelle aule scolastiche. Questa prospettiva inquieta i cattolici, secondo i quali una legge di questo tipo apparirebbe ai musulmani come una forma di stigmatizzazione e rifiuto da parte della comunità nazionale. [...] Ma pare che gli islamici più intelligenti stiano segretamente aspettando proprio una legge che favorisca questa esclusione, che sarebbe la prova palese dell'innata islamofobia della società francese. [...] Il pensiero di Tariq Ramadan regala alle provocazioni attuali una portata inattesa. Da parte nostra, siamo chiamati a un cristianesimo più profondo e più lucido, capace al tempo stesso di accogliere e di illuminare ogni cosa.
0 commenti:
Posta un commento
Dite la vostra